venerdì 1 settembre 2017

Alfredo Oriani


Per quanto discendesse da una famiglia privilegiata della piccola aristocrazia, ebbe un'infanzia difficile, priva di quegli affetti che rendono serena e felice la vita di un bimbo. Il ragazzo crebbe scontroso e solitario, e più tardi rivelò queste sue caratteristiche anche nelle proprie opere.Si recò a Roma per frequentare la facoltà di Legge. Da Roma passò a Bologna, a far pratica presso lo studio di un legale. Intanto la sua famiglia si era trasferita da Faenza a Casola, nella Valle del Senio, dove possedeva una casa, «Villa del Cardello». In questa dimora Oriani trascorse interamente la propria esistenza, un'esistenza amareggiata da continue delusioni per l'invincibile silenzio che la critica manteneva intorno alle sue pubblicazioni, spesso considerate oscene. Morì, in grande solitudine, il 18 ottobre 1909. Ebbe per confessore don Lorenzo Costa, anch'egli scrittore, che ci lasciò una testimonianza scritta a ricordo di Oriani Le sue opere spaziano dal romanzo ai trattati di politica e di storia, dai testi teatrali agli articoli giornalistici, sino alla poesia. La sua fama di scrittore fu a lungo legata soprattutto alle opere di pubblicistica storica e politica: Fino a Dogali (1889), in cui analizzò le cause della crisi religiosa ed economica della nuova Italia; La lotta politica in Italia (1892) che narra le vicende storiche italiane dal Medioevo al Risorgimento; La rivolta ideale (1908), nella quale lo scrittore espone il proprio credo politico, affermando la necessità di uno Stato forte che regoli con ampi poteri la vita sociale. Molto importanti sono però anche le opere letterarie, fra cui si annoverano autentici capolavori del calibro di Gelosia (1894) e Vortice (1899). Uno dei suoi ultimi lavori fu Bicicletta (1902), una raccolta di novelle in cui egli abbandonò lo stile enfatico e veemente dei suoi primi racconti per una scrittura più scorrevole e spontanea. Considerazione degna di nota provenne da Benedetto Croce che, in un saggio del 1908, gli riconobbe il merito di aver criticato il positivismo allora imperante nella cultura italiana e di aver fatto riferimento ad Hegel e allo storicismo. Una certa attenzione gli venne inoltre dimostrata da Renato Serra, che gli dedicò due scritti, in quanto elemento eccentrico all'interno della contemporanea scena culturale romagnola. Dopo la fine della Grande Guerra il fascismo si appropriò del pensiero di Oriani e tese a valorizzarlo e a diffonderlo con la pubblicazione delle opere complete, edite in 30 volumi da Cappelli. Nel 1924 il Cardello fu dichiarato monumento nazionale; il 14 aprile 1927 venne istituito (regio decreto-legge n. 721) l'«Ente Casa di Oriani», allo scopo di perpetuare la memoria dello scrittore. Apprezzamento per il pensiero di Oriani venne anche dal Gramsci dei Quaderni: egli, riflettendo sulla mancanza in Italia di una letteratura nazional-popolare, vedeva in Oriani uno dei pochi autori italiani consapevoli che l'assenza d'incontro tra nazione intera e ceto culturale aveva avuto conseguenze esiziali: in primis l'egemonia della classe dirigente liberale post-unitaria. Nel secondo dopoguerra lo scrittore venne ostracizzato per via dell'appropriazione della sua opera da parte del fascismo. Soltanto a partire dagli anni settanta, grazie al lavoro di eminenti studiosi quali Giovanni Spadolini ed Eugenio Ragni, si è assistito ad una ripresa d'interesse per la sua produzione, sia quella saggistica sia quella narrativa. Nel 1975 il parco che circonda il Cardello è stato dichiarato Zona di notevole interesse pubblico dal Ministero per i Beni cultuali. Nel 1978 gli eredi dello scrittore hanno ceduto la villa-museo all'Ente Casa di Oriani. Negli anni successivi l'Ente è diventato Fondazione. La «Fondazione Casa di Oriani» ha continuato l'opera di diffusione del pensiero di Oriani.

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