sabato 8 dicembre 2018

INCONTRO



 
«Ebbi lo scompartimento del treno tutto per me. Poi salì una ragazza», raccontava un giovane india­no cieco. «L'uomo e la donna venuti ad accompagnar­la dovevano essere i suoi genitori. Le fecero molte raccomandazioni. Dato che ero già cieco allora, non potevo sapere che aspetto avesse la ragazza, ma mi piaceva il suono della sua voce».


«Va a Dehra Dun?», chiesi mentre il treno usciva dalla stazione. Mi chiedevo se sarei riuscito a impe­dirle di scoprire che non ci vedevo. Pensai: se resto seduto al mio posto, non dovrebbe essere troppo dif­ficile.


«Vado a Saharanpur», disse la ragazza. «Là vie­ne a prendermi mia zia. E lei dove va?».

«A Dehra Dun, e poi a Mussoorie», risposi.

«Oh, beato lei! Vorrei tanto andare a Mussoorie. Adoro la montagna.

Specialmente in ottobre».


«Sì è la stagione migliore», dissi, attingendo ai miei ricordi di quando potevo vedere. «Le colline sono cosparse di dalie selvatiche, il sole è delizioso, e di sera si può star seduti davanti al fuoco a sorseggiare un brandy. La maggior parte dei villeggianti se n'è andata, e le strade sono silenziose e quasi deserte».

Lei taceva, e mi chiesi se le mie parole l'avesse­ro colpita, o se mi considerasse solo un sentimenta­loide. Poi feci un errore. «Com'è fuori?» chiesi.


Lei però non sembrò trovare nulla di strano nella domanda. Si era già accorta che non ci vedevo? Ma le parole che disse subito dopo mi tolsero ogni dubbio. «Perché non guarda dal finestrino?», mi chiese con la massima naturalezza.


Scivolai lungo il sedile e cercai col tatto il fine­strino. Era aperto, e io mi voltai da quella parte fin­gendo di studiare il panorama. Con gli occhi della fantasia, vedevo i pali telegrafici scorrere via velo­ci. «Ha notato», mi azzardai a dire «che sembra che gli alberi si muovano mentre noi stiamo fermi?».


«Succede sempre così», fece lei.

Mi girai verso la ragazza, e per un po' rimanem­mo seduti in silenzio. «Lei ha un viso interessante» dissi poi. Lei rise piacevolmente, una risata chiara e squillante. «E' bello sentirselo dire», fece. «Sono tal­mente stufa di quelli che mi dicono che ho un bel visino!».


«Dunque, ce l'hai davvero una bella faccia», pen­sai, e a voce alta proseguii:

«Beh, un viso interessante può anche essere mol­to bello».

«Lei è molto galante», disse. «Ma perché è così serio?».

«Fra poco lei sarà arrivata», dissi in tono piuo­sto brusco.

«Grazie al cielo. Non sopporto i viaggi lunghi in treno».


Io invece sarei stato disposto a rimaner seduto all'infinito, solo per sentirla parlare. La sua voce ave­va il trillo argentino di un torrente di montagna. Appena scesa dal treno, avrebbe dimenticato il nostro breve incontro; ma io avrei conservato il suo ricor­do per il resto del viaggio e anche dopo.


Il treno entrò in stazione. Una voce chiamò la ra­gazza che se ne andò, lasciando dietro di sé solo il suo profumo.

Un uomo entrò nello scompartimento, farfuglian­do qualcosa. Il treno ripartì. Trovai a tentoni il fine­strino e mi ci sedetti davanti, fissando la luce del gior­no che per me era tenebra. Ancora una volta potevo rifare il mio giochetto con un nuovo compagno di viaggio.


«Mi spiace di non essere un compagno attraente come quella che è appena uscita», mi disse lui, cer­cando di attaccar discorso.

«Era una ragazza interessante», dissi io. «Potreb­be dirmi... aveva i capelli lunghi o corti?».


«Non ricordo», rispose in tono perlesso. «Sono i suoi occhi che mi sono rimasti impressi, non i capel­li. Aveva gli occhi così belli! Peccato che non le ser­vissero affatto... era completamente cieca. Non se n'era accorto?».


Come due ciechi che fingono di vedere. Quanti incontri tra esseri umani sono così. Per paura di met­tere allo scoperto ciò che si è. E così si perdono gli appuntamenti decisivi della vita. Certi incontri ac­cadono una volta sola.
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