martedì 15 ottobre 2019

Piero Bigongiari



Laureatosi nel 1936 presso l'Università di Firenze con una tesi su Leopardi, ha poi insegnato storia della letteratura italiana moderna e contemporanea nella stessa Università dal 1965 al 1989.
È considerato uno degli autori che furono alla base dell'"avanguardia non codificata", come lui stesso definiva l'ermetismo. Con i poeti Luzi e Parronchi costituì quella che Carlo Bo definì la "triade dei poeti ermetici toscani". Come esponente austero e rigoroso dell'ermetismo purista, ne accentuò la tendenza metafisica con una trattazione predominante del tema dell'assenza, accompagnata da un forte anelito religioso.In un secondo tempo, indicativamente dai primi anni settanta, la sua poesia raggiunse maggiore consapevolezza ed equilibrio tra il richiamo della realtà e la sua trasfigurazione simbolica. Nacque in provincia di Pisa, dove la sua famiglia si era trasferita nel 1911 da Livorno. Era il quarto dei cinque figli di Alfredo Bigongiari, ferroviere, e di Elvira Noccioli.Negli anni successivi, a causa del lavoro del padre, i Bigongiari si trasferirono prima a Pescia e poi, nel 1925, a Pistoia. Piero frequentò il Liceo Classico presso l'Istituto "Niccolò Forteguerri". Dopo aver conseguito il diploma, si iscrisse alla Facoltà di Lettere presso l'Università di Firenze, dove fece amicizia con altri studenti che daranno poi vita, insieme a lui, alla cosiddetta "generazione dell'ermetismo" : Leone Traverso, Mario Luzi, Carlo Bo, Oreste Macrì, Alessandro Parronchi, Romano Bilenchi, Vasco Pratolini e Alfonso Gatto.
Tra il 1937 e il 1938, conobbe e divenne grande amico di alcuni dei maggiori esponenti della cultura italiana dell'epoca, tra i quali Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda, Elio Vittorini e Tommaso Landolfi. Negli stessi anni iniziò a collaborare ad alcune delle più significative riviste letterarie del Novecento, Frontespizio, Letteratura, che era l'ideale continuazione dell'esperienza di Solaria, e Campo di Marte, quasi un organo ufficiale dell'ermetismo fiorentino nel suo periodo di massima fioritura. Nel 1941 Bigongiari sposò Donatella Carena, figlia del pittore Felice Carena, e si trasferì a Firenze, dove vivrà fino alla morte. Ebbero un figlio, Lorenzo, ma il matrimonio naufragò quasi subito e si arrivò addirittura alla dichiarazione di nullità. Nel 1942 pubblicò il suo primo volume di poesie, "La figlia di Babilonia". Nello stesso anno ebbe inizio la sua amicizia con Giuseppe Ungaretti, solitamente considerato l'ispiratore e il primo vero poeta dell'ermetismo. Nel 1948 conobbe Elena Ajazzi Mancini, la donna che diventerà la sua seconda moglie e dalla quale avrà un secondo figlio, Luca, nato nel 1952. Con Elena il poeta condivise, fino agli ultimi giorni, l'esistenza, le amicizie e le passioni, soprattutto quelle per l'arte (in particolare per il "Seicento fiorentino", di cui furono grandi collezionisti e di cui Bigongiari fu anche esperto critico) e per la cultura francese. Negli anni cinquanta iniziò la collaborazione ai programmi radiofonici della RAI "L'Approdo" e "L'Approdo letterario" e, su invito dell'amico Romano Bilenchi, iniziò a fornire il suo contributo ai quotidiani Il Nuovo Corriere e, in un secondo momento, La Nazione. Diventò redattore della rivista Paragone, appena fondata dallo storico dell'arte Roberto Longhi (incarico che manterrà per circa dieci anni). Benché si definisse «un sedentario che si sposta», Bigongiari, soprattutto nei primi anni cinquanta, compì una serie di viaggi in Francia e in Medio Oriente, e lunghi soggiorni in Grecia e in Egitto con l'amico Giovanni Battista Angioletti, e con il giornalista Sergio Zavoli, traendone suggestivi reportage, poi pubblicati con i titoli "Testimone in Grecia" (1954) e "Testimone in Egitto" (1958). Nel 1952 uscì il suo secondo libro di versi "Rogo", seguito tre anni dopo da "Il corvo bianco" (1955) e, dopo altri tre anni, da "Le mura di Pistoia" (1958). Sulla rivista La Palatina comparve il suo primo importante saggio d'arte contemporanea, su Jackson Pollock. Nel 1965 vinse il concorso per la cattedra universitaria in Letteratura italiana moderna e contemporanea e cominciò a insegnare alla Facoltà di Magistero dell'Università di Firenze, incarico che mantenne fino al 1989. Nel 1977 dette vita alla rivista di "studi e testi" Paradigma, pubblicata internamente alla Facoltà di Magistero, chiamando a collaborarvi i suoi assistenti e allievi dell'Istituto di Letteratura italiana moderna e contemporanea. L'attività poetica fu sempre affiancata da quella di traduttore, che riguardò testi di Rainer Maria Rilke, dei francesi René Char e Francis Ponge ("Poesia francese del Novecento", 1968). Fu anche autore di importanti studi critici, tra i quali "Poesia italiana del Novecento" (1960), "Leopardi" (1962), in cui riunì tutti i suoi saggi scritti fino a quel momento sul poeta di Recanati, "La poesia come funzione simbolica del linguaggio" (1972), "Visibile invisibile" (1985) e "L'evento immobile" (1987). Collezionista e studioso di pittura, nel 1975 pubblicò il testo d'arte "Il Seicento fiorentino". I suoi numerosi saggi brevi su temi artistici furono riuniti nel 1980 in "Dal Barocco all'Informale", che è la testimonianza del suo costante interesse per la pittura contemporanea (da Paul Klee a Giorgio Morandi, da Max Ernst a Ennio Morlotti, da Jackson Pollock a Balthus). Piero Bigongiari, colpito da un male incurabile, morì all'ospedale di Careggi, a Firenze,all'età di 83 anni. La vedova Elena Ajazzi Mancini donò, con lascito testamentario alla sua morte, la biblioteca (oltre 6.000 volumi) alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia, dove la maggior parte dei volumi sono conservati in una saletta intitolata al poeta. Sempre a Pistoia, presso i Musei dell'Antico Palazzo dei Vescovi, è conservata la collezione dei quadri del Seicento Fiorentino, messa insieme negli anni dai coniugi Bigongiari.

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