Giuseppe Geri, da tutti e per tutta la vita, detto “il Poeta”,
Gavinana 1°Novembre 1889 /Garfagnana Sett 1975.
Gavinana 1°Novembre 1889 /Garfagnana Sett 1975.
A Gavinana,
non visse tutti i suoi anni (avendone trascorsi parecchi anche in
Garfagnana), Nel piccolo cimitero del suo paese natale può capitare che
lo sguardo del visitatore cada su una tomba, niente affatto vistosa,
simile a tante altre tranne che per una particolarità: sulla lapide, la
scritta dice semplicemente: “Geri di Gavinana – Poeta”. Geri di
Gavinana: è questo, infatti, il nome con cui firmava le sue poesie, e
quello che compare sulla copertina e sul frontespizio di un volumetto di
poesie edito nel 1929, intitolato "Fiori di Bosco". L'autore si firma
senza nessun accenno al nome di battesimo, ma sottolineando il luogo
d’origine, come se l'essere nato a Gavinana fosse più importante del
fatto di chiamarsi Giuseppe. In quegli anni era un giovane che saliva
verso la quarantina e che lavora nelle Officine di Limestre:il fatto che
un operaio, un semplice operaio, in anni in cui i meno abbienti non
andavano a scuola e non leggevano libri, scrivesse poesie,era
sicuramente qualcosa di insolito. Infatti, il Geri frequentò soltanto
fino alla terza elementare: per il resto, fu completamente autodidatta.
Chi gli insegnò a scrivere in versi?
A sentire lui, nella poesia
"La mia scuola" soltanto la natura:
ci fanno scuola i piccoli animali,
le stelle, il cielo, il mar, la terra, i fiori,
i nostri sensi deboli e mortali.
Sono senza cultura, dice il poeta. Sembra appartenere a quella schiera dei poeti illetterati che si sfidavano a disturne cantando in ottave, e che sapevano improvvisare strofe semplicemente ripetendo come verso iniziale quello finale di chi li aveva preceduti. Per tutta la vita, Giuseppe Geri fu afflitto dal “mal di vivere”. Ne “La mia preghiera” sono efficacissimi i due versi con cui, rivolgendosi a Dio, lo descrive. Spengi dal petto mio questa fornace,
E spessissimo tornano alla ribalta i temi dell’amarezza, dell’angoscia, della vita resa intollerabile dal peso dei pensieri, dei dolori, della disperazione. Da questo punto di vista, come interpretare invece il Geri comico, il Geri dello strambotto e della facezia? L’arguzia è, per il poeta gavinanese, una difesa contro il male oscuro, un modo per esorcizzare la depressione. Spesso, quando si accorgeva che una poesia faceva commuovere, se ne usciva con una battuta o un’immagine divertente per spezzarne l'amarezza. La sia ironia non è però mai caustica, mai satirica e soprattutto mai politica. Giuseppe Geri tornò a Gavinana per esservi sepolto. Ma lasciò un testamento, un testamento spirituale: la sua opera poetica, quella di un uomo che non ha nulla da lasciare agli altri se non la testimonianza
A sentire lui, nella poesia
"La mia scuola" soltanto la natura:
ci fanno scuola i piccoli animali,
le stelle, il cielo, il mar, la terra, i fiori,
i nostri sensi deboli e mortali.
Sono senza cultura, dice il poeta. Sembra appartenere a quella schiera dei poeti illetterati che si sfidavano a disturne cantando in ottave, e che sapevano improvvisare strofe semplicemente ripetendo come verso iniziale quello finale di chi li aveva preceduti. Per tutta la vita, Giuseppe Geri fu afflitto dal “mal di vivere”. Ne “La mia preghiera” sono efficacissimi i due versi con cui, rivolgendosi a Dio, lo descrive. Spengi dal petto mio questa fornace,
E spessissimo tornano alla ribalta i temi dell’amarezza, dell’angoscia, della vita resa intollerabile dal peso dei pensieri, dei dolori, della disperazione. Da questo punto di vista, come interpretare invece il Geri comico, il Geri dello strambotto e della facezia? L’arguzia è, per il poeta gavinanese, una difesa contro il male oscuro, un modo per esorcizzare la depressione. Spesso, quando si accorgeva che una poesia faceva commuovere, se ne usciva con una battuta o un’immagine divertente per spezzarne l'amarezza. La sia ironia non è però mai caustica, mai satirica e soprattutto mai politica. Giuseppe Geri tornò a Gavinana per esservi sepolto. Ma lasciò un testamento, un testamento spirituale: la sua opera poetica, quella di un uomo che non ha nulla da lasciare agli altri se non la testimonianza
di una vita spesa nella modestia e nella poesia.
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