Vergine
Gioia di Brendola (VI), 6 ottobre 1888 - Treviso, 20 ottobre 1922
Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico
Emblema: Giglio
Operata
di tumore a 22 anni, lei che è infermiera sperimenta la vita in
ospedale anche sul versante della sofferenza. Riesce a rimettersi e
torna alle sue fatiche: quelle che ha scelto entrando nel 1905 tra le
Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei SS. Cuori a Vicenza. Al
battesimo è stata chiamata Anna Francesca: figlia di agricoltori non
certo ricchi, ha frequentato alcune classi di scuola elementare; poi,
presto al lavoro, come tutte le ragazze della sua condizione all’epoca.
Lavoro in campagna, in casa sua, in casa d’altri. Presa
la decisione di farsi suora, Anna Francesca lascia che sia il suo
parroco a scegliere per lei tra le varie congregazioni femminili. Al
momento della professione religiosa prende poi i nomi di Maria Bertilla.
I suoi primi compiti in comunità sono i lavori in cucina, al forno e
in lavanderia: nessun problema per una che conosce le fatiche della
campagna ancora senza macchine, dove tutto si fa a forza di braccia. Poi
inizia il tirocinio presso l’ospedale di Treviso e si rimette a
studiare, diplomandosi infermiera. Ma questo non le impedisce di
dedicarsi anche a compiti più pesanti per aiutare le consorelle. Ecco
poi sopraggiungere il tumore, l’intervento chirurgico, la lenta
ripresa. Pochi anni dopo scoppia la prima guerra mondiale, e quando
Treviso viene a trovarsi in pericolo suor Maria Bertilla è trasferita in
Lombardia con tutto l’ospedale, e sottoposta a una prova severa:
incomprensioni e dissensi provocano la sua “retrocessione” da infermiera
a donna di fatica in lavanderia. Suor
Maria Bertilla ne soffre moltissimo: ma dentro di sé, soltanto dentro.
Non le sfugge una parola di amarezza, di risentimento. Il suo fisico
ora resiste meno allo sforzo, ma la volontà non cede. Dopo il rientro a
Treviso, la religiosa viene reintegrata nelle funzioni di infermiera.
Ma lei è anche qualcosa d’altro, come dirà Giovanni XXIII
canonizzandola l’11 maggio del 1961: "La irradiazione di suor Bertilla
si allarga: nelle corsie, a contatto con gli epidemici, a consolare, a
calmare: pronta e ordinata, esperta e silenziosa, fino a far dire anche
ai distratti che Qualcuno – cioè il Signore – fosse sempre con lei a
dirigerla". Finché crolla: si è
riprodotto il tumore. "La morte mi può sorprendere ad ogni momento",
scrive nei suoi appunti, "ma io devo essere preparata". Nuova
operazione, ma questa volta non si rialza più e la sua vita si conclude
a 34 anni. L’irradiazione però continua. Presso la sua tomba c’è
sempre chi prega, chi ha bisogno della suora infermiera per i mali più
diversi: e l’aiuto, per vie misteriose, arriva. Vissuta oscuramente,
Maria Bertilla è sempre più conosciuta e amata da morta. Esperta in
sofferenza e umiliazione, continua a donare speranza. Le sue spoglie si
trovano ora a Vicenza, nella Casa Madre della sua comunità.
Autore: Domenico Agasso
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