San Guglielmo di Montevergine (da Vercelli)
Abate
Vercelli, 1085 - Goleto, Nusco, 24 giugno 1142
Patronato: Irpinia
Etimologia: Guglielmo = la volontà lo protegge, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale, lupo
La sua
statua in San Pietro a Roma ha un lupo accovacciato ai piedi, in
ricordo di un prodigio che gli attribuisce la tradizione. Quando viveva
da eremita sui monti, l’asino che era il suo prezioso mezzo di
trasporto fu sbranato da un lupo, che poi Guglielmo prodigiosamente
trasformò in mansueto animale da soma. Di Guglielmo non conosciamo i
genitori, probabilmente nobili. Lo incontriamo quindicenne, già vestito
da monaco e in viaggio come pellegrino. Cammina per mesi e per anni. Va
a San Giacomo di Compostella, poi a Roma, poi si avvia verso la
Puglia: vuole imbarcarsi per la Terrasanta. Ma lo dissuadono dapprima
un futuro santo, Giovanni da Matera, da lui incontrato a Ginosa
(Taranto); e poi alcuni rapinatori presso Oria (Brindisi) che lo
picchiano selvaggiamente perché delusi dalle sue tasche vuote. "Non è
lì che ti vuole il Signore", gli ha detto Giovanni. E lui, dopo
indecisioni e prove, va infine a stabilirsi sui 1.500 metri di
Montevergine, nel gruppo appenninico del Partenio, presso Avellino.
Terra ancora di orsi e di lupi, dove vive da solo per un anno. Poi
arrivano altri uomini (e alcuni sacerdoti) attratti dalla vita
eremitica, che intorno a lui formano una comunità. Ma poi salgono anche
i pellegrini, i “fedeli”, a cui bisogna predicare e amministrare i
sacramenti, nella chiesetta consacrata nel 1124. Guglielmo ha adottato
la Regola benedettina con marcata accentuazione eremitica, ma
quest’affluenza di gente rende necessaria anche un’attività pastorale,
una “cura d’anime”. Nel 1128 egli
affida la comunità al futuro beato Alberto e va a stabilirsi in
Lucania sul monte Cognato, dove presto nasce un monastero; e quando è
ben stabilito, ecco che Guglielmo riparte fermandosi a Goleto, ancora
nell’Avellinese. Qui per un anno gli serve da cella il cavo di un
gigantesco albero, e qui ancora nasce un monastero. “Doppio”, anzi;
ossia con una comunità maschile e una femminile, ognuna con propria sede
e propria chiesa. Il Meridione
d’Italia “adotta” affettuosamente questo piemontese. Altri monasteri
egli fa nascere in Irpinia e in Puglia: "moltissimi", dice la sua prima
biografia del XII secolo. Così si forma quella che sarà chiamata
Congregazione Benedettina di Montevergine, e che avrà vita
plurisecolare. Nel 1879 si fonderà poi con la Congregazione Cassinese. Guglielmo
muore nel monastero del Goleto, e nelle sue comunità s’incomincia
subito a venerarlo come santo. Alcuni vescovi autorizzano anche il
culto pubblico, che sarà poi esteso a tutta la Chiesa nel 1785. Il suo
corpo verrà traslato nel 1807 dal Goleto a Montevergine, dove si trova
tuttora. E lo stesso monastero, per tutta la durata della seconda
guerra mondiale, sarà il rifugio segreto e sicuro della Santa Sindone
di Torino.
Autore: Domenico Agasso
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