giovedì 7 maggio 2020

La mia ultima duchessa

Ecco la mia ultima Duchessa dipinta alla parete,
ella guarda come fosse ancora viva. Io ora stimo
tal pezzo una meraviglia: le mani di Fra Pandolfo pittore
lavorarono operose un dì, e lì ella sta.
Hai piacere di sederti e mirarla? Io dissi
Fra Pandolfo di proposito, ché mai lessero
stranieri come te quell'aria dipinta,
l’intensità e la passione dello sguardo serio,
senza rivolgersi a me (giacché nessuno mette da parte
la tenda che ho tirato per te, ma io sì)
e sembrava volessero chiedermi, se avessero osato
come tale sguardo apparisse; dunque, non sei il primo
a voltarti e chiedere così. Signore, non fu
soltanto la presenza di suo marito, chiamata quella macchia
di gioia sulla guancia della Duchessa: forse a
Fra Pandolfo accadde di dire ‘il suo mantello si ripiega
troppo sul polso della mia signora’ o ‘la pittura
mai deve sperare di riprodurre lo svenimento
mezzo arrossato che le muore in gola’: tal cosa
fu cortesia, ella pensò, e causa a sufficienza
per chiamare quella macchia di gioia. Ella ebbe
un cuore – come lo dirò? – troppo presto onorato,
troppo facilmente impresso; ella amava qualsiasi cosa
guardasse, e i suoi sguardi andavano ovunque.
Sire, fu tutt’uno! il mio dono al suo seno,
il calare del giorno a occidente,
il ramo di ciliegio che qualche servizievole sciocco
spezzò nel frutteto per lei, il bianco mulo
che cavalcò attorno al terrapieno – tutti e ognuno
estorcerebbero da lei similmente un discorso di approvazione,
o arrossirebbero, in fine. Ringraziò le genti, - bene! Ma ringraziò
in qualche modo – io non so come – come se considerasse allo stesso modo
il mio dono di un nome di novecento anni
con il dono di chiunque. Chi si abbasserebbe a benedire
questa sorta di frivolezza? Se anche tu avessi l’abilità
nel discorso – (che io non ho) – ti rendere il tuo volere
chiaro al prossimo, e dire, ‘solo questo
o quello di te mi disgusta; qui tu manchi,
o lì eccedi – e se lei si lasciasse
rimproverare così, né chiaramente disposti
le sue facoltà mentali alle tue, invero, e trovasse scuse,
- persino allora sarebbe un’umiliazione; ed io scelgo
di non umiliarmi. O Sire, lei sorrise, non c’è dubbio,
quando le passavo davanti; ma chi passò senza
quello stesso sorriso? Ciò aumentava sempre, io ordinavo;
poi tutti i sorrisi si umiliavano insieme. Lì ella sta
come fosse viva. Ti piacerebbe alzarti? C’incontreremo
sotto, poi. Ripeto,
la munificenza che conobbe il tuo maestro il conte
è ampia garanzia che non solo pretesa
mia per la dote sarà rifiutata;
sebbene la sua stessa bella sorella, come io dissi
all’inizio, è mio oggetto. Ebbene, andremo
giù insieme, Sire. Nota pure Nettuno
che doma un cavallo marino, pensò una rarità,
che Claus d’Innsbruck forgiò in bronzo per me.

Robert Browning

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