venerdì 31 gennaio 2020

una bella metafora



“Una bambina camminava con il padre quando quest’ultimo, all’improvviso, si fermò nel bel mezzo della curva di una strada.
Dopo un breve silenzio, chiese alla figlia: -Cosa senti, figliola?
La bambina prestò attenzione affinando le orecchio. Qualche secondo dopo, rispose:
-Papà, sento il rumore di un carretto che si avvicina.
-Molto bene- rispose il padre, -hai ragione, si sta avvicinando un carretto vuoto.
La bambina, stupita, chiese: -Come fai a sapere che è un carretto vuota se ancora non l’hai visto?
Allora il padre rispose: -È molto semplice capire quando un carretto è vuoto, dal rumore che fa. Più è vuoto, più rumore fa.
La bambina divenne un’adulta e ogni volta che incontrava una persona che parlava troppo o che si dava grandi arie, aveva l’impressione di sentire la voce di suo padre che diceva: -Più un carretto è vuoto, più rumore fa.”

L'allodola e la luna

 
L'allodola e la luna sole nel cielo:
lei sorta appena e il passero spaurito
dal pino nero e i silenziosi spari
dei finti cacciatori in mezzo al grano nascente.
Nessuno l'attendeva. Nessuno attende.
Volava di traverso con tutto il cielo in gola.
Sotto di lei crollavano i papaveri,
un'ombra cancellava coi grossi pollici
il dolce vino e il viola del tramonto.
In una stanza in fondo, la memoria,
lasciata ai suoi più torbidi solitari,
di te non s'informava, fine d'un grande giorno:
giorno da meditare
davanti a una finestra, col silenzio alle spalle.

Vittorio Bodini

L'ombrello

Di sotto al largo ombrello
un piccolo cappello,
di sotto al cappellino
la testa del bambino,
di sotto a folti ricci
capricci su capricci.

Di sopra l'ombrellone
informe nuvolone,
dopo le nubi il cielo
senz'ombra e senza velo,
più su, fra viali d'oro,
degli angioletti in coro.

V.Bodini

Vittorio Bodini




(Bari, 6 gennaio 1914Roma, 19 dicembre 1970)
 Poeta e traduttore italiano, uno dei maggiori interpreti e traduttori italiani della letteratura spagnola (Federico García Lorca, Miguel de Cervantes, Rafael Alberti, Francisco de Quevedo).I suoi studi e le sue traduzioni sono ancora oggi reputate dei modelli. Si interessò della traduzione delle opere dei poeti surrealisti spagnoli e scrisse anche Sul Barocco di Gòngora (Roma, 1964). È stato un poeta che ha attraversato tutte le avventure artistiche del Novecento europeo .Vittorio Bodini è nato da genitori salentini il 6 gennaio del 1914 a Bari, ma ancora in fasce viene portato a Lecce. A diciotto anni fonda un gruppo futurista. Nel 1937 si iscrive alla Facoltà di Filosofia di Firenze, dove si laurea nel 1940. Qui diventa amico tra gli altri di Mario Luzi, Alessandro Parronchi e Piero Bigongiari. Tornato a Lecce, con Oreste Macrì, cura la terza pagina di "Vedetta Mediterranea", poi collabora a "Letteratura", pubblicando le prime poesie, aderisce al movimento "Giustizia e Libertà" e si inserisce in "Libera Voce".Nel 1946 si trasferisce in Spagna come lettore d’italiano e poi antiquario. Nel 1950 rientra a Lecce e dopo due anni ha la cattedra di Letteratura Spagnola presso l’Università di Bari. Nel 1954 fonda "Esperienza Poetica" che vive due anni. Continua ad avere rapporti stabili con il Salento, anche se negli ultimi dieci anni si è trasferito a Roma, dove muore il 19 dicembre 1970.Da ricordare La luna dei Borboni (1952), Dopo la luna (1956), Metamor (1967) e Poesie (1972, raccolta postuma.

Mario Lanza



pseudonimo di Alfred Arnold Cocozza
(Filadelfia, 31 gennaio 1921Roma, 7 ottobre 1959),
è stato un tenore, attore e showman statunitense di origine italiana, dotato di un bell'aspetto e di una grande voce, in grado di interpretare svariati generi musicali. Con le sue interpretazioni, in particolare nel film Il grande Caruso (1951), ha avuto il grande merito di far conoscere e amare ai giovani la musica lirica; infatti molti furono coloro che intrapresero lo studio del canto lirico dopo aver ascoltato le sue interpretazioni. I suoi dischi sono ancor oggi oggetto di collezione da parte di molti intenditori. Lanza - chiamato familiarmente Freddy - nasce da una famiglia di emigranti italiani: il padre Antonio Cocozza, emigrato negli Stati Uniti in giovane età, era originario di Filignano, in provincia di Isernia (Molise), mentre la madre Maria Lanza era originaria di Tocco da Casauria, in provincia di Pescara (Abruzzo). Freddy cresce nella casa del nonno materno, proprietario di una drogheria, il quale coltiva la passione per la pittura e possiede una ricca raccolta di dischi di Enrico Caruso; Freddy diventa presto un grande ammiratore del cantante e ascolta spesso tutti i dischi del nonno, divertendosi a cantare le romanze con la sua naturale voce tenorile. La madre, che possiede una bella voce da soprano, non intraprende l'attività di cantante perché il padre non glielo permette, ma - visto il naturale talento del figlio - pur di riuscire a fargli studiare canto, non si risparmia di lavorare per diverse ore al giorno. Freddy può così studiare con l'ex cantante lirica Irene Williams, che nel 1940 gli procura un'audizione all'Academy of Music di Filadelfia e fa in modo che il maestro Serge Koussevitzky, giunto in quella città per dirigere un concerto, riesca ad ascoltare la voce del ragazzo. Per l'occasione, Freddy canta l'aria «Vesti la giubba», da Pagliacci e Koussevitzky, rimasto profondamente impressionato, pare abbia esclamato: «Questa è davvero una voce eccezionale: devi venire con me nel Berkshire». Con l'espressione "nel Berkshire" egli intende alludere ai corsi di perfezionamento annualmente tenuti al Festival di Tanglewood (Massachusetts) presso il Berkshire Music Center, ove si ritrovano musicisti e cantanti semiprofessionisti per studiare, perfezionarsi e riposarsi insieme. Freddy si impegna con serietà per migliorare e raffinare le sue doti naturali, distinguendosi come miglior allievo e riuscendo così esordire il 7 agosto 1942 ne Le allegre comari di Windsor di Nicolai, con il ruolo di Fenton, riscuotendo unanimi consensi. Fra gli altri, il critico del New York Times loda in particolar modo «la superba potenza della sua voce».  In questo periodo assume il nome d'arte di Mario Lanza, in onore della madre, e poco tempo dopo parte per il servizio militare presso la base aerea di Marfa (Texas). Qui intrattiene le truppe con alcuni spettacoli e viene soprannominato dai suoi commilitoni Il Caruso dell'Air Force. Viene ingaggiato per un musical al Winged Victory a Hollywood e firma un contratto di cinque anni con la casa discografica RCA Victor Inoltre, nello stesso periodo, parteciperà anche al musical On the Beam. Terminato il servizio militare nel 1945, poco tempo dopo si sposa a Beverly Hills con Elizabeth "Betty" Hicks. Lanza si trasferisce a New York e continua a perfezionarsi nel canto grazie al sostegno economico del suo agente Sam Weiler, che gli fa studiare pianoforte e canto con Enrico Rosati, già maestro di Beniamino Gigli; nel 1942 grazie alle sue doti canore vince una borsa di studio. Firma un contratto con la "Columbia Concert" e partecipa ad una tournée che lo porterà negli Usa, in Messico e in Canada, insieme al soprano Francis Yeend e al baritono George London. Nel 1947 viene chiamato dalla Metro-Goldwyn-Mayer per interpretare una serie di sette film musicali (il cui responsabile del doppiaggio fu Ercole Pace) che lo impegneranno per altrettanti anni; nel frattempo continua a tenere concerti, a incidere dischi e a partecipare a programmi televisivi. Inizia anche una serie di tours di concerti che la MGM gli ha programmato, che culminano con una grande performance il 24 luglio 1948, accanto al soprano Kathryn Grayson. Nel 1949 interpreta il suo primo film musicale, Il bacio di mezzanotte, dove recita la parte di un autotrasportatore di pianoforti. Al termine delle riprese, Lanza riesce a coronare quello che è sempre stato il suo sogno: interpretare un'opera lirica. Sarà Pinkerton nella Madama Butterfly di Puccini, cantando insieme al soprano Tomiko Kanazawa: nelle uniche due rappresentazioni, ottiene i favori della critica. La sua popolarità e gli impegni sempre più pressanti non gli permettono di interpretare altre opere liriche e i critici riterranno che questa sarà una vera perdita per il mondo del belcanto. Il 5 maggio 1949 incide un disco di romanze che sarà considerato dalla National Records Critics Association come migliore registrazione dell'anno. Nel 1950 gira il film Il pescatore della Louisiana, interpretando la sua più famosa canzone: Be my Love. Subito dopo recita in quella che è stata considerata la sua migliore interpretazione cinematografica, nel film Il grande Caruso (1951): interpretando circa quindici pezzi del repertorio di Caruso. La raccolta con i brani del film venderà in tutto il mondo più di un milione di copie e gli varrà il disco d'oro. Il 26 giugno 1951 firma un contratto con la Coca-Cola per interpretare uno spettacolo televisivo con cadenza settimanale, The Mario Lanza Show, di cui vengono realizzate 59 puntate, trasmesse dalle reti CBC ed NBC. In questo show Lanza, oltre ad ospitare personaggi famosi, mostra al suo pubblico - talmente entusiasta da non permettere l'effettuazione di riprese in diretta e da costringere la produzione a mandare in onda le puntate in differita – di essere in grado di interpretare canzoni di tutti i generi, da brani di Verdi alle canzoni popolari, da Cole Porter ai canti religiosi. Nel 1954 Mario Lanza rompe con la MGM, che gli proibirà di girare film con qualsiasi altra casa cinematografica; inoltre non potrà incidere dischi e partecipare a concerti. Solo due anni dopo Lanza riuscirà a liberarsi dalle costrizioni della casa cinematografica e a firmare un contratto con la Warner Bros., per la quale interpreterà il film Serenata, accanto a Joan Fontaine e Vincent Price.  Ma il suo amore resta sempre l'opera e, nel 1957, parte con la famiglia per l'Italia, dove nel (1958) gira Arrivederci Roma, un film con Renato Rascel e Marisa Allasio; nell'occasione, incide anche la celeberrima canzone che dà il titolo al film. Nel 1959 interpreta il suo ultimo ruolo cinematografico nella pellicola Come prima, a fianco di Zsa Zsa Gábor.Il mondo della lirica sembra non voler rinunciare al talento di Lanza e gli propone alcune esibizioni: la Scala di Milano lo vuole per il Rigoletto, mentre il Teatro di San Carlo di Napoli gli dà l'opportunità di interpretare un'opera a sua scelta. Lanza sceglie Pagliacci ma il destino non gli concede di coronare il suo sogno: già reduce da un attacco cardiaco alcuni mesi prima, il cantante viene infatti ricoverato d'urgenza per un malore presso la clinica romana Valle Giulia, dove muore a soli 38 anni, il 7 ottobre 1959; la morte fu attribuita ad embolia polmonare, in quanto il cantante era affetto da una flebite agli arti inferiori (condizione predisponente), ma non fu eseguita un'autopsia ed il decesso, secondo alcuni autori, può essere ascrivibile alla tachiaritmia da tireotossicosi provocata dalle massicce dosi di gonadotropina corionica assunte dal cantante allo scopo di perdere peso

Invecchiare non......


“ Invecchiare non è certo una gran bella cosa… ,
...ma è l'unico mezzo per vivere a lungo! ”
Oscar Wilde

giovedì 30 gennaio 2020

31 genn, San Giovanni Bosco



Sacerdote
Castelnuovo d´Asti, 16 agosto 1815 – Torino, 31 gennaio 1888

San  Giovanni Bosco è indubbiamente il più celebre santo piemontese di tutti i tempi, nonché su scala mondiale il più famoso tra i santi del´ epoca contemporanea: la sua popolarità è infatti in tutti i continenti. Giovanni nacque dal matrimonio tra Francesco e la Serva di  Dio  Margherita  Occhiena. Cresciuto nella sua modesta famiglia, dalla santa madre fu educato alla fede ed alla pratica del messaggio evangelico. A soli nove anni un sogno gli rivelò la sua futura missione volta all´educazione della gioventù. Ragazzo dinamico fondò fra i coetanei la “società dell´allegria”, basata sulla “ guerra al peccato”. Entrò nel seminario teologico di  Chieri e ricevette l´ordinazione presbiterale nel 1841. La grande opera salesiana ebbe inizi alquanto modesti: l’8 dicembre  1841, dopo l´incontro  con  il  giovane Bartolomeo Garelli,  Don  Bosco  iniziò  a radunare ragazzi e giovani presso il  Convitto di  San Francesco per il catechismo.. Don Bosco intitolò il suo primo oratorio a San Francesco di Sales, ospite dell´Ospedaletto e del Rifugio della Serva di Dio Giulia Colbert. Quattro  anni  dopo  trasferì l'oratorio nella vicina Casa Pinardi.  Spinto dal suo  innato zelo  pastorale, nel 1847 Don Bosco avviò l’oratorio di  San Luigi presso la stazione ferroviaria di Porta Nuova. Nel  1952 l´arcivescovo  mons. Luigi Fransoni lo nominò responsabile dell´Opera degli  Oratori. La  principale preoccupazione di Don Bosco, concependo l´oratorio come luogo di formazione cristiana, era  infatti sostanzialmente di tipo religioso-morale, volta a salvare le anime della gioventù. In tale ottica  concepì gli  oratori quali luoghi di aggregazione, di ricreazione, di evangelizzazione,di catechesi e di promozione sociale. Don  Bosco, faceva  notare come  occorreva che i giovani percepissero di essere  amati. Un grande frutto fu il cosiddetto “ metodo preventivo ”, nonché l´invito  alla  vera felicità insito nel detto: “ State allegri, ma non fate peccati ”. Fu così  che  nel 1863 fu  aperto un piccolo seminario presso Mirabello. Altra svolta decisiva  avvenne quando Don Bosco nel 1875 inviò i suoi primi salesiani in America Latina, capeggiati dal Cardinale  Giovanni  Cagliero, con il  principale  compito di apostolato tra gli emigrati  italiani. Ben presto però i missionari estesero la loro attività dedicandosi all´evangelizzazione delle  popolazioni  indigene. Don Bosco considerò la stampa un  fondamentale strumento  di divulgazione culturale, pedagogica e cristiana. Scrittore ed editore, tra le principali sue opere si annoverano la “Storia d´Italia”, “Il sistema metrico decimale” e la collana “Letture Cattoliche”. Al fine di garantire  però  una certa continuità e stabilità a ciò  che  aveva iniziato, fondò a Torino la Società di San Francesco di Sales (detti“Salesiani”), congregazione composta di sacerdoti, e nel  1872 a Mornese con Santa Maria Domenica Mazzarello le Figlie di Maria Ausiliatrice.  Lo apprezzò e lo appoggiò  costantemente senza  riserve papa  Pio IX, che con la sua potente intercessione permise all´opera salesiana di espandersi. Giovanni Bosco morì in Torino il 31 gennaio 1888. Alla guida della congregazione gli succedette il Beato Michele Rua, uno  dei  suoi  primi fedeli discepoli. La sua salma è sepolta nella basilica di Maria Ausiliatrice. Il pontefice Pio XI, beatificò Don Bosco il 2 giugno 1929 e lo canonizzò il 1° aprile 1934. La città  di  Torino  ha dedicato alla memoria del santo  una strada, una scuola ed un grande ospedale. La venerazione che Don Bosco ebbe, in vita ed in morte, per sua madre fu trasmessa  alla  congregazione, che  negli  anni ’90 del  XX  secolo ha pensato di introdurre finalmente  la  causa  di beatificazione di Mamma Margherita. Merita infine ricordare infine ricordare la prolifica stirpe di santità generata da Don Bosco, tanto che allo stato attuale delle cause, la  Famiglia  Salesiana può contare ben 5 santi, 51 beati, 8 venerabili ed 88 servi di Dio.
Patronato:Educatori, Scolari, Giovani, Studenti, Editori
Etimologia:
   Giovanni = il Signore è benefico,  dono del Signore, dallebraico

Rispetto


Madre Teresa


Buongiorno


Buonanotte a chi....⭐️🌙


Buonanotte a chi non si riconosce allo specchio.
Buonanotte a chi non ha mai avuto una possibilità per vedersi migliore agli occhi di qualcuno.
Buonanotte a chi per una volta vorrebbe addormentarsi subito ma ci sono sempre troppi pensieri da riordinare nella testa.
Buonanotte a chi nella notte vorrebbe sognare il suo amore. Buonanotte a chi invece vorrebbe spegnere la mente come una lampadina.
Buonanotte a chi non ha nessuno che gli darà la buonanotte. (Anonimo)

Un Amore

 
Un Amore buttato via
senza rimpianti,
un amore da poesia
non ce ne sono tanti.

Lacrime d'orgoglio
scendono da sole,
cadono sul foglio
e trafiggono il cuore.

Restano solo i sogni...
chi stringerò stanotte?
i sogni son bisogni
e fan lieta la notte.

Semplici parole
accendono la mente,
riscaldano il cuore
piano, dolcemente.

Le mani cercano,
stringono le coperte
tristemente si adagiano
e rimangano aperte.

Non andartene sogno!
voglio sentirmi viva....
è tanto il bisogno...
Ma l'alba.... arriva.

Lucia.


TERRA PROMESSA


Sapevo che dietro me accecava il mare immenso.
Profonda era la sera a ridosso degli ulivi
e tremavano i rami carichi di sussurri.
Squarciavano il cielo in fiamme le colombe.
Un aroma orientale profumava l'aria.

Su tutta la faccia gloriosa del pianeta
scivolò il mio sguardo assaporando la bellezza.
Ma posai soltanto i miei occhi sui tuoi occhi.
Mi smarrii fiducioso dove risuonava l'acqua
della tua voce, dove il sole illuminò la terra
promessa che andai sognando fin da bambino.


Antonio Colinas

NELL'OSCURITÀ


Buona notte, desiderio.
Hai fiori sulla fronte e stai
camminando
lungo la riva del mare, spumeggiante
sotto la membrana verdenera del crepuscolo.
Buona notte, ed entra.
Entra affinché rimanga quell'istante
che sapeva di oblio,
di sogno consumato
o di fuoco inconsunto.
Buona notte, desiderio,
mentre tutti i giardini si commuovono
per la freschezza degli allori bagnati
e tu brilli, lontano, brace nell'oscurità.


Antonio Colinas

Antonio Colinas


 
Antonio Colinas Lobato
(La Bañeza, 30 gennaio 1946)
è un poeta, romanziere e traduttore spagnolo.
Ha studiato storia presso l'Università di Madrid e alcuni suoi maestri erano Vicente Aleixandre e María Zambrano. Tra il 1970 e il 1974 ha servito come lettore spagnolo presso le Università di Milano e di Bergamo. Due decenni più tardi ha vissuto a Ibiza e nel 1998 si trasferisce a Salamanca. Le sue prime pubblicazioni sono dal 1969 e appartengono al genere lirico: Poemas de la tierra y de la sangre y Preludios a una noche total e Junto al lago, scritto nel 1967. Nel 1985 ha pubblicato il suo primo romanzo, Un año en el sur: Para una educación estética. Tra le sue traduzioni dall'italiano troviamo il poeta italiano Giacomo Leopardi e le poesie del poeta italiano Salvatore Quasimodo, vincitore del Premio Nobel per la letteratura. Il lavoro di Colinas presenta ampiezza e relativa varietà: ha pubblicato poesie, romanzi, saggi e memorie, oltre a una sorta di prosa poetica e aforistica, ed ha effettuato numerose traduzioni tra le quali molte di testi poetici e autori italiani).

Talenti

Il Signore chiede agli uomini soltanto quelloche rientra
nelle possibilità di ciascuno.
(Paulo Coelho)

Adelaide Ristori




(Cividale del Friuli, 30 gennaio 1822 Roma, 9 ottobre 1906)
è stata un'attrice teatrale italiana.
Attrice tragica molto nota, con numerosi successi di pubblico. Figlia d'arte, parente di Francesco Augusto Bon, Luigi Bellotti Bon e Laura Bon, e capace di recitare perfettamente in inglese e in francese, riscosse notevoli successi anche all'estero, ricevendo anche elogi da Cavour, che le scrisse:
« Se ne serva di questa sua autorità a pro della nostra Patria, ed io applaudirò in Lei non solo la prima artista d'Europa, ma il più efficace nostro cooperante nei negozi diplomatici. »
La Ristori compì spesso azioni di propaganda, ad esempio nei teatri in cui si esibiva, in terra italiana ma ancora sotto il dominio asburgico o borbonico. Regolarmente, i suoi spettacoli venivano interrotti dalla polizia, poiché la Ristori, già nota per i suoi sentimenti patriottici, dal palcoscenico lanciava slogan a favore dell'Italia e di Vittorio Emanuele II. Nel 1850 sposò il marchese Giuliano Capranica del Grillo, dal quale ebbe 4 figli; il matrimonio suscitò scandalo, poiché a quei tempi gli attori e le attrici erano considerati esseri umani al margine della società. Divenuta molto benestante, una rarità per le compagnie teatrali dell'epoca abituate a guadagnarsi con fatica il pane quotidiano, possedeva un lussuoso vagone ferroviario personale con cui si spostava tra Parigi, Londra e gli Stati Uniti. Nel 1885 si ritirò dal teatro e in seguito, rimasta vedova nel 1892, passò il resto della vita occupandosi di assistenza ai bisognosi. Scrisse Ricordi e Studi artistici. Alla sua memoria sono stati intitolati il teatro di Cividale del Friuli ed una tranquilla ed elegante via di Roma, nel quartiere dei Parioli, nelle vicinanze dell'ultima abitazione in cui visse prima di morire.
"Intelligente, colta, magistralmente padrona delle scene, Adelaide Ristori fu una stella di prima grandezza del teatro mondiale e fu idolatrata dal pubblico"; Giorgio Batini,

aforisma


 
Cio che si fa' per amoree' sempre al di la'
del bene e del male.
 
(Friedrich Nietzsche)

MARTINA Auguri !

 
Oggi 30 gennaio chi ha questo nome festeggia l'onomastico.
Deriva dal latino Martinus e significa 'dedicato a Marte'. Nel Medioevo cristiano questo nome era molto usato perché era legato al culto di devozione riservato a San Martino che era stato il vescovo di Tours, in Francia. Il Santo è patrono di Belluno, della fanteria, degli albergatori, dei fabbricanti di botti, dei mendicanti, dei militari, degli osti, dei poveri, dei mariti traditi e degli ubriachi. San Martino protettore dei mariti traditi viene ricordato in varie paesi europei dove si tengono fiere e sagre.
Martina festeggia l'onomastico il 30 gennaio in ricordo di Santa Martina vergine e martire di Roma che in altre località viene festeggiata il 1° gennaio. Martino invece festeggia l'onomastico l' 11 novembre in memoria di San Martino nato in Pannonia e morto nel 397.
Diffusione: In Italia ci sono circa 19.401 persone di nome Martina. Suddivisione: Lombardia (21%), Puglia (14%), Veneto (10%), .. le altre regioni a scendere »
Caratteristiche: è una persona pacifica, docile, sensibile. Sogna a occhi aperti, ma senza discostarsi troppo dalla realtà; le sue ambizioni infatti non sono così irrealizzabili e con la giusta tenacia può raggiungere i suoi obiettivi.
A Milano fin dagli inizi del 900 si chiamano ‘martinitt’ gli orfanelli, uno di loro era Angelo Rizzoli senior, fondatore dell’omonima casa editrice.

Significato: dedicato al Dio Marte
Onomastico: 30 gennaio
Origine: Latina
Segno corrispondente: Pesci
Numero fortunato: 3
Colore: Giallo
Pietra: Diamante
Metallo: Oro
Varianti femminili: Martiniana, Martinella, Tina, Nina
Varianti maschili: Martino, Martiniano, Tino, Nino
Varianti estere / Femminili: Martine (francese), Maartje (olandese), Martyna (polacco), Martina (inglese)
Maschili: Martin (francese, inglese, tedesco), Martyn (russo)

30 gennaio Santa Martina Martire



Etimologia: Martina = dedicato a Marte
Emblema: Palma

La storia di questa giovane santa comincia a ritroso, dalla sua tomba, 1.400 anni dopo il suo martirio, quando nel 1634 l'attivissimo Urbano VIII, impegnato sul fronte spirituale nella controriforma cattolica e su quello materiale nella restaurazione di celebri chiese romane, avendo riscoperto le reliquie della martire, ripropose ai romani la devozione di S. Martina, fissandone la celebrazione al 30 gennaio. Ne compose egli stesso l'elogio, con l'inno: "Martinae celebri plaudite nomini, Cives Romulei, plaudite gloriae", che invita ad ammirare la santa nella vita immacolata, nella carità esemplare e nella coraggiosa testimonianza resa a Cristo col martirio. Chi era in realtà S. Martina, che riemergeva improvvisamente e prepotentemente nella devozione popolare, tanto da essere considerata come una delle patrone di Roma, dopo tanti secoli di oblio? Le notizie storiche sono poche. La più antica risale al VI secolo, quando papa Onorio le dedicò una chiesa nel Foro. Cinquecento anni dopo, compiendosi degli scavi in questa chiesa, si trovarono in effetti le tombe di tre martiri. La festa della santa era già celebrata nel secolo VIII. Null'altro si conosce, per cui è necessario attingere altre notizie da una Passio leggendaria. Secondo questo racconto, S. Martina era una diaconessa, figlia di un nobile romano. Arrestata per la sua aperta professione di fede, venne condotta al tribunale dell'imperatore Alessandro Severo (222-235). Questo principe semiorientale, aperto a tutte le curiosità, al punto di includere Cristo tra gli dei venerati nella famiglia imperiale, fu estremamente tollerante verso i cristiani e il suo governo è contrassegnato da una fruttuosa parentesi di distensione nei confronti della Chiesa, che in quel periodo ebbe una grande espansione missionaria. Le atroci torture inflitte dall'imperatore alla santa. Martina, trascinata davanti alla statua di Apollo, la fece andare in frantumi, provocando subito dopo un terremoto che distrusse il tempio e uccise i sacerdoti del dio. Il prodigio si ripetè con la statua e con il tempio di Artemide. Tutto ciò avrebbe dovuto indurre i suoi persecutori a riflettere; al contrario, più ostinati che mai, infierirono sulle delicate membra della fanciulla sottoponendola a crudelissimi tormenti, dai quali ella uscì sempre illesa. Fu la spada a porre fine a tante sofferenze, troncando il capo della martire, il cui sangue andò a irrorare il fertile terreno della Chiesa romana. Il culto di santa Martina è inoltre attestato a Martina Franca (Taranto), dove è giunto in via particolare. Nel 1730 il cardinale Tommaso Innico Caracciolo, della famiglia dei duchi di Martina, pochi mesi prima di morire, volle donare alla città natale, e in particolare alla Collegiata di San Martino, in segno di affetto alcuni frammenti ossei della Santa, in un prezioso reliquiario d'argento, provenienti dalla chiesa dei Santi Luca e Martina di cui aveva il titolo cardinalizio, accompagnando il dono con una affettuosa lettera in cui annunciava che voleva donare alla città le reliquie della Santa che ne portava lo stesso nome. Santa Martina fu dichiarata patrona secondaria di Martina Franca.

Autore: Piero Bargellini

mercoledì 29 gennaio 2020

Sarebbe molto meglio--------


Lo trovo giusto.....


Riflessione


Un Amore


Il giorno si spegne
la luce muore,
la notte si accende
io penso a un Amore.
Un Amore impossibile
nutrito a parole,
Amore indescrivibile
Oh..Luna! Oh..Sole.
Voi che ovunque siete
accarezzatelo dolcemente,
regalategli ore liete
baciandolo soavemente.
I baci e le carezze
Lui li sentirà,
di tali tenerezze
senza'ltro gioirà.
Lucia

Salmo iniziale


Signore, non sei con me anche se ti nomino sempre.
Sei là, tra le nubi, dove la mia voce non giunge,
e se a volte risorgi, come il sole dopo la pioggia,
ci sono notti in cui riesco appena a pensare che esisti.
Sei una città dietro le montagne.
Sei un mare lontano che a volte non si sente.
Non sei dentro di me. Sento il tuo vuoto nero
divorare le mie viscere, come una bocca affamata.
E per questo, Signore, ti nomino costantemente,
e per questo collego le cose al tuo nome,
dando loro latitudine e longitudine di Te.
Se tu fossi con me io parlerei di cose,
di cose e niente più, semplici e nude,
del cielo, della brezza, dell’amore e della pena.
Come un amante felice che dice solamente: “Guarda
che uccello, che rosa, che sole, che limpida sera”,
e riversa così, nella luce dei nomi, il suo amore.
E invece no. Tu mi manchi. E per questo ti nomino.
Ti inseguo nel bosco dietro ad ogni tronco.
Ti cerco nel fondo delle acque senza luce.
O cose, fatevi da parte, datemi alfine la sua presenza
che tenete nascosta nel vostro seno oscuro!
Marcato dal tuo ferro, vago per le pianure,
abbandonato, inutile come una pecora sola…
Uomo di Dio mi chiamo. Ma sono senza Dio.
José María Valverde

Come giusta, mia piccola, ti contieni nel cuore...


Come giusta, mia piccola, ti contieni nel cuore! Non d'ombra o di mistero son fatti i tuoi capelli, se c'è notte nei tuoi occhi, è una notte amica, come di primavera; non s'apre verso il nulla, ma palpita di stelle con l'ausilio di Dio. Bella tu come il giorno, ma ancor più, vincitrice della bellezza, ed oltre il suo tragico fato, il crudele dilemma che lacera le cose e per sua d'infinito venefica allusione le fa misere ombre di più alta bellezza, perfetta, ma in sè unica, senza nomi, di gelo. Per prima vieni tu, e poi la tua bellezza ti segue; naturale corteggio; tutto il tuo grappolo di regali, la luce è che lo dora.

José María Valverde

José María Valverde


 
In Estremadura, ha trascorso la sua infanzia e l'adolescenza a Madrid, dove ha studiato e vissuto gran parte della sua vita. Mentre era ancora studente, pubblicò il suo primo libro di poesie: Hombre de Dios. Salmi, elegie e preghiere. Sebbene avesse una grande promessa di filologia, si iscrisse a Filosofia e PhD con una tesi sulla filosofia del linguaggio in Wilhelm von Humboldt . Nello stesso anno sposò Pilar Gefaell , con cui ebbe cinque figli. Ha scritto in varie riviste letterarie: La Estafeta Literaria , Escorial , Trabajos y días , Root , Ensign e Magazine of Aesthetic Ideas , a volte firmando con lo pseudonimo di Gambrinus . La sua produzione come editorialista è stata compilata in El arte del artículo (1949-1993) (Barcellona, ​​1994). Ha anche pubblicato su riviste poetiche come Garcilaso , Espadaña , Proel .Tra il 1945 e il 1950 ha studiato Filosofia all'Università di Madrid, dove si è unito all'Università spagnola della Falangist University (SEU) e frequentato il Café Gijón, un forum privilegiato di cultura e dibattito in cui ha incontrato i poeti della sua generazione cronologica, in particolare a Carlos Bousoño e Eugenio de Nora.Tra il 1950 e il 1955, Valverde visse a Roma, dove era un lettore di spagnolo nella sua università e all'Istituto spagnolo, e conobbe Benedetto Croce . All'età di 29 anni, nel 1956, ottenne la cattedra di Estetica all'Università di Barcellona. Questo stadio e le sue esperienze come insegnante li contano in The Conquest of the World (1960). Ha partecipato alle riviste letterarie del suo tempo e in numerosi periodici, dove ha pubblicato molte delle sue riflessioni. Lui stesso disse che era un poeta coinvolto in un filosofo, e non il contrario. Si dedicò allo studio della storia delle idee , collaborando con Martin de Riquer alla Storia della letteratura universale (1957, molto più tardi ampliata) e scrivendo solo una vita e una morte di idee: Little Stories of Thought (1981). Ha intrapreso le sue traduzioni pluripremiate di figure classiche della letteratura in inglese e tedesco. Con un chiaro impegno sociale, politico e cristiano, sostenne la causa popolare in Centro America (Cuba, Sandinismo: si associò ai poeti esiliati del Nicaragua Julio Ycaza , Luis Rocha e Fernando Silva ). Per ragioni politiche (solidarietà con i professori Enrique Tierno Galván , José Luis Aranguren e Agustín García Calvo , espulso dall'Università di Madrid dalle autorità accademiche del regime) si dimise dal suo incarico nel 1964 e andò in esilio. Andò negli Stati Uniti, dove era professore di letteratura ispanica e comparata (Università della Virginia, McMaster) e poi in Canada; in quest'ultimo paese era un professore di letteratura spagnola all'Università di Trento. Prima di tornare in Spagna, è stato pubblicato nel 1971 Insegnamenti dell'età (Poesia 1945-1970) , un volume che raccolse i suoi primi sei libri di poesie. Ritornò in Spagna e nella sua sedia. È stato presidente onorario della ONG Entrepueblos . Morì, all'età di settant'anni, dopo una lunga malattia, dedicando le sue ultime energie a indagare sul lavoro di Kierkegaard .

Alberi d'Autunno.