Maria Maddalena De Lellis nacque l’8 agosto 1835 a S. Gregorio, l’attuale San Gregorio Matese in provincia di Caserta. Contadina,
analfabeta, con un marito in galera per connivenza col brigantaggio ed
un figlio piccolo, nella primavera del 1864 divenne l’amante di Andrea Santaniello. Ex soldato dell’esercito borbonico, dopo essere stato il braccio destro di Cosimo Giordano, capo di tutti i capibrigante del Matese,
aveva formato una propria banda che aveva inquadrato secondo regole
militari. Nel giro di pochi mesi la storia divenne nota, e quando i
soldati andarono per arrestarla, Maddalena si dette alla macchia. La
banda era nascosta sui monti del Matese, ma con l’arrivo della neve si
spostò dove poteva contare sull’aiuto di vari massari, che li fornivano
di cibo ed armi. Maddalena non era solo l’amante del capo: partecipava
agli incendi delle case coloniche, alle rapine, ai sequestri ed aveva
anche il suo fucile personale, svolgendo un ruolo di vero brigante che
nessun uomo le contestò mai. Nella primavera del 1865 tutti i suoi
parenti vennero incarcerati, per mesi, al fine di indurla alla
costituzione. La sera del 22 luglio 1865 partecipò all’assalto di S.Potito. Le bande riunite volevano rapire don Enrico Sanillo,
ricchissimo possidente della zona. Ma nella sparatoria avvenuta al
caffè Riccitelli il Sanillo vi rimase misteriosamente ucciso. Tale
omicidio fu motivo di discussione il giorno dopo tra Santaniello e
Giordano, per cui le bande si divisero. Nel settembre 1865 la comitiva si trasferì sui monti di Cervinara, nell’avellinese, dove ebbero scontro a fuoco con la forza pubblica a Polvica.
A loro si aggregarono briganti della zona. Maddalena partecipò sempre
ai combattimenti, vestita da uomo. Con l’inverno la banda tornò verso il
Matese. La notte del 2 dicembre 1865 erano in una masseria di S.Angelo d’Alife quando furono attaccati dalla Guardia Nazionale. Ferita da un colpo di fucile, Maddalena De Lellis fu catturata e trasportata nel carcere di Piedimonte Matese.
Sottoposta a diversi interrogatori raccontò della sua vicenda,
dichiarando anche la aperta protezione che la banda riceveva da Achille Del Giudice,
sindaco di S.Gregorio e consigliere provinciale. Intanto i soldati che
l’avevano catturata intascarono una taglia di mille ducati. Nel
maggio 1868 la Corte d’Appello di Napoli la riconobbe colpevole della
strage di S. Potito, venendo poi condannata ai lavori forzati a vita
dalla Corte d’Assise Ordinaria di S. Maria Capua Vetere. Nella gabbia degli imputati lei fu sempre presente in aula. Il suo giovane avvocato d’ufficio, Giacinto Bosco,
presentò ricorso per cui nel 1871 fu condannata a 25 anni di lavori
forzati, interdizione legale e dai pubblici uffici, oltre a 10 anni di
sorveglianza speciale della Pubblica Sicurezza dopo la conclusione della
pena. Alla fine del secolo tornò a San Gregorio.
Qui è ricordata mentre si recava in chiesa zoppicando appoggiata ad un
bastone, seguita di un codazzo di bambini che esclamavano: “La
Padovella, la brigantessa, la Padovella!”. La
memoria popolare racconta che, nei suoi ultimi anni di vita, la gente
del paese che andava a lavorare la terra le lasciava in custodia i
propri bambini. E questo asilo infantile ante litteram è il segno che la
comunità di S. Gregorio accettò la brigantessa. È la riabilitazione di
un proprio membro, da parte di una società che ha visto passare
briganti, piemontesi, spie, liberatori, deputati e nuovi re. A San Gregorio Maddalena De Lellis morì di morte naturale a 72 anni, il 7 marzo 1908.
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