(Cremona, 2 febbraio 1532 – Palermo, 16 novembre 1625)
è stata una pittrice italiana.
Nata dall'aristocratica famiglia piacentina degli Anguissola, Sofonisba fu una delle prime esponenti femminili della pittura europea. Anche se la sua celebrità non fu pari a quella di altre pittrici salite in seguito alla ribalta dell'arte come Artemisia Gentileschi, Elisabetta Sirani, Rosalba Carriera o Angelika Kauffmann, Sofonisba rappresentò la pittura italiana rinascimentale al femminile. Era la prima dei sette figli di Amilcare Anguissola e di Bianca Ponzoni, entrambi di famiglia nobiliare. Quattro delle sorelle di Sofonisba, Elena, Lucia, Europa e Anna Maria divennero anch'esse pittrici. Elena, in seguito, abbandonò la carriera artistica per diventare una monaca domenicana. La quinta sorella, Minerva, fu insegnante di latino e scrittrice, mentre l'unico fratello, Asdrubale, studiò latino e diventò musicista.Si formò alla scuola del pittore lombardo Bernardino Campi, che, pur non appartenendo alla nota famiglia di pittori cremonesi comprendente i più celebri Vincenzo, Giulio e Antonio Campi, aveva uno stile che si rifaceva agli esponenti di spicco dell'arte manierista in voga nell'Italia settentrionale tra Cinquecento e Seicento. Lo stile di Bernardino influenzò notevolmente Sofonisba, che ne tradusse i tratti essenziali nell'ambito prediletto: quello della ritrattistica. Sofonisba Anguissola partecipò come figura di spicco alla vita artistica delle corti italiane, data anche la sua competenza letteraria e musicale, ed ebbe una fitta corrispondenza con i più famosi artisti del suo tempo. Fu citata anche nelle Vite di Giorgio Vasari grazie a Michelangelo Buonarroti che sosteneva che la giovane fanciulla avesse talento. Fu il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i disegni della figlia. Fra quei disegni c'era anche un Fanciullo morso da un gambero, nel quale la giovanissima artista cremonese, allora poco più che ventenne, aveva colto l'espressione del dolore infantile con un'invenzione che piacque molto al grande artista fiorentino. Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba la ritroviamo poi nel Ragazzo morso da un ramarro di Caravaggio Nel 1559 Sofonisba approdò alla corte di Filippo II di Spagna, come dama di corte della regina, Elisabetta. Fu la ritrattista della famiglia reale fino alla morte, nel 1568, della sua protettrice. Un ritratto di Elisabetta di Valois, conservato al Museo del Prado, è attribuito a Sofonisba Anguissola. el 1573 sposò il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì in Sicilia nel palazzo dei Moncada a Paternò, dove dipinse e lasciò la tela Madonna dell'Itria, che ora si trova nell'atrio della chiesa del monastero delle benedettine intitolato a Maria Santissima Annunziata. L'atto (documento notarile rinvenuto nell'Archivio di Stato di Catania) datato 25 giugno 1579, attesta la donazione del quadro ai Frati Francescani Conventuali di Paternò. Nello stesso dipinto, in cui il volto di Maria è chiaramente un autoritratto, è rappresentata una marina con due piccole navi (due caracche) a ricordare la morte del marito sulle coste di Capri il 27 aprile del 1578 a causa di un attacco pirata all'indomani della sua partenza da Palermo, come si riporta nella relazione di naufragio scritta dal capitano spagnolo Baltasar Gago, Sofonisba, rimasta vedova, lasciò l'isola per raggiungere la Liguria. Fermatasi provvisoriamente a Livorno, la pittrice lombarda conobbe e sposò, in seconde nozze, il nobile genovese Orazio Lomellini a Pisa nel 1579. Intorno al 1580 incontrò il giovane pittore Pier Francesco Piola che spinse ad assumere come proprio modello di stile i pittori genovesi Luca Cambiaso e Bernardo Castello. Tornata nel 1615 con il nuovo marito a Palermo, dove egli aveva numerosi interessi, Sofonisba continuò a dipingere nonostante un forte calo della vista, ma alla lunga questo problema le impedì di continuare a esercitare la sua arte, non prima però di aver raggiunto una grandissima fama, tanto che il celebre Antoon van Dyck, succedutole come ritrattista ufficiale della corte spagnola, confessò tutta la sua ammirazione per l'arte di Sofonisba Anguissola, che incontrò personalmente verso la fine della vita della pittrice, nel 1624 a Palermo, presso la corte del viceré di Sicilia Emanuele Filiberto di Savoia. In occasione dell'incontro Van Dyck ritrasse la pittrice. Sofonisba Anguissola morì l'anno dopo, il 16 novembre 1625, e fu sepolta nella chiesa palermitana di San Giorgio dei Genovesi, chiesa appartenente alla Nazione Genovese di Palermo, dove ancora oggi si trova la lapide del sacello, nella navata destra.
è stata una pittrice italiana.
Nata dall'aristocratica famiglia piacentina degli Anguissola, Sofonisba fu una delle prime esponenti femminili della pittura europea. Anche se la sua celebrità non fu pari a quella di altre pittrici salite in seguito alla ribalta dell'arte come Artemisia Gentileschi, Elisabetta Sirani, Rosalba Carriera o Angelika Kauffmann, Sofonisba rappresentò la pittura italiana rinascimentale al femminile. Era la prima dei sette figli di Amilcare Anguissola e di Bianca Ponzoni, entrambi di famiglia nobiliare. Quattro delle sorelle di Sofonisba, Elena, Lucia, Europa e Anna Maria divennero anch'esse pittrici. Elena, in seguito, abbandonò la carriera artistica per diventare una monaca domenicana. La quinta sorella, Minerva, fu insegnante di latino e scrittrice, mentre l'unico fratello, Asdrubale, studiò latino e diventò musicista.Si formò alla scuola del pittore lombardo Bernardino Campi, che, pur non appartenendo alla nota famiglia di pittori cremonesi comprendente i più celebri Vincenzo, Giulio e Antonio Campi, aveva uno stile che si rifaceva agli esponenti di spicco dell'arte manierista in voga nell'Italia settentrionale tra Cinquecento e Seicento. Lo stile di Bernardino influenzò notevolmente Sofonisba, che ne tradusse i tratti essenziali nell'ambito prediletto: quello della ritrattistica. Sofonisba Anguissola partecipò come figura di spicco alla vita artistica delle corti italiane, data anche la sua competenza letteraria e musicale, ed ebbe una fitta corrispondenza con i più famosi artisti del suo tempo. Fu citata anche nelle Vite di Giorgio Vasari grazie a Michelangelo Buonarroti che sosteneva che la giovane fanciulla avesse talento. Fu il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i disegni della figlia. Fra quei disegni c'era anche un Fanciullo morso da un gambero, nel quale la giovanissima artista cremonese, allora poco più che ventenne, aveva colto l'espressione del dolore infantile con un'invenzione che piacque molto al grande artista fiorentino. Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba la ritroviamo poi nel Ragazzo morso da un ramarro di Caravaggio Nel 1559 Sofonisba approdò alla corte di Filippo II di Spagna, come dama di corte della regina, Elisabetta. Fu la ritrattista della famiglia reale fino alla morte, nel 1568, della sua protettrice. Un ritratto di Elisabetta di Valois, conservato al Museo del Prado, è attribuito a Sofonisba Anguissola. el 1573 sposò il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì in Sicilia nel palazzo dei Moncada a Paternò, dove dipinse e lasciò la tela Madonna dell'Itria, che ora si trova nell'atrio della chiesa del monastero delle benedettine intitolato a Maria Santissima Annunziata. L'atto (documento notarile rinvenuto nell'Archivio di Stato di Catania) datato 25 giugno 1579, attesta la donazione del quadro ai Frati Francescani Conventuali di Paternò. Nello stesso dipinto, in cui il volto di Maria è chiaramente un autoritratto, è rappresentata una marina con due piccole navi (due caracche) a ricordare la morte del marito sulle coste di Capri il 27 aprile del 1578 a causa di un attacco pirata all'indomani della sua partenza da Palermo, come si riporta nella relazione di naufragio scritta dal capitano spagnolo Baltasar Gago, Sofonisba, rimasta vedova, lasciò l'isola per raggiungere la Liguria. Fermatasi provvisoriamente a Livorno, la pittrice lombarda conobbe e sposò, in seconde nozze, il nobile genovese Orazio Lomellini a Pisa nel 1579. Intorno al 1580 incontrò il giovane pittore Pier Francesco Piola che spinse ad assumere come proprio modello di stile i pittori genovesi Luca Cambiaso e Bernardo Castello. Tornata nel 1615 con il nuovo marito a Palermo, dove egli aveva numerosi interessi, Sofonisba continuò a dipingere nonostante un forte calo della vista, ma alla lunga questo problema le impedì di continuare a esercitare la sua arte, non prima però di aver raggiunto una grandissima fama, tanto che il celebre Antoon van Dyck, succedutole come ritrattista ufficiale della corte spagnola, confessò tutta la sua ammirazione per l'arte di Sofonisba Anguissola, che incontrò personalmente verso la fine della vita della pittrice, nel 1624 a Palermo, presso la corte del viceré di Sicilia Emanuele Filiberto di Savoia. In occasione dell'incontro Van Dyck ritrasse la pittrice. Sofonisba Anguissola morì l'anno dopo, il 16 novembre 1625, e fu sepolta nella chiesa palermitana di San Giorgio dei Genovesi, chiesa appartenente alla Nazione Genovese di Palermo, dove ancora oggi si trova la lapide del sacello, nella navata destra.
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