Una scrittrice ignorata ingiustamente
(Roma, 19 maggio 1958 – Firenze, 27 giugno 2008)
è stata una scrittrice, traduttrice e critica letteraria italiana,
figlia dello scrittore Tommaso Landolfi e principale curatrice delle sue opere. Nel 1996 fondò il Centro Studi Landolfiani, di cui è stata presidentessa fino alla fine.
E' morta a Firenze. Sola. Come aveva vissuto. Se
n’è andata senza far rumore. Come senza rumore è stata la sua vita.
Idolina Landolfi aveva cinquant’anni. Giornalista, scrittrice,
traduttrice e custode della memoria del padre, lo scrittore Tommaso
Landolfi (1908-1979), s’è arresa a una brutta malattia che la tormentava
da tempo. Aveva fatto dire a un personaggio, in “Matracci e storte”
(2004), una verità che le si confaceva: “Non credo di avere ancora molto
da vivere. Sì, è ora che finiscano, quest’eternità, questi anni e
questi secoli, queste ere. Come sia stato possibile tutto ciò, io
ignoro. Nondimeno è stato. La mia nave è come un’isola in mezzo a un
fiume impetuoso: il fiume si divide innanzi a lei, per richiudersi
subito dopo”. Ha abitato a lungo a Montespertoli, in una casa difficile da raggiungere anche via telefono.
Figlia di Tommaso, il celebrato autore di “Rien va”, “Un amore del nostro tempo”, “La pietra lunare”, laureatasi in letteratura italiana all’Università di Firenze, s’inserisce nel giornalismo collaborando a quotidiani e periodici importanti. Per dieci anni lavora a ”Il Giornale” diretto da Indro Montanelli. Traduce dal francese e dall’inglese (conosce cinque lingue). Nel 1996 fonda il Centro Studi Landolfiani, con l’obiettivo di raccogliere materiali biografici su suo padre, organizzare convegni e curare le riedizioni delle sue opere. Tiene corsi di scrittura creativa a Firenze e Roma.. Tra i suoi libri, da segnalare, oltre a “Matracci e storte”, anche “Sotto altra stella”, “Scemo d’amore” e “I litosauri” (romanzo per ragazzi) e il romanzo inedito “Io sono mio padre”. Dirige a lungo la rassegna internazionale di poesia “DiVersi Racconti”, il premio di narrativa “Lo Stellato” e coordina la sezione dedicata alla letteratura nell’ambito del festival di “Benevento Città Spettacolo”. Essere figlia di Tommaso Landolfi non le ha giovato. Le sue qualità avrebbero meritato di più. I grandi editori, quelli che contano, l’hanno presa in considerazione soltanto per le traduzione. E l’hanno ignorata, invece, per le cose sue. Il poeta Mario Luzi, in una nota su “Matracci e storte” scrive: “La sirena del bell’italiano che canta nella prosa di Idolina Landolfi esercita con delizia di effetti la sua arte. Non si ha né tempo né spazio per prendere le distanze e tamponare le orecchie con la cera così da sfuggire alla seduzione. Il dire tutto compiutamente, il non lasciare niente inespresso esaurendo virtuosamente tutti i particolari seduce del resto anche l’autrice che si gode discretamente il piacere di avere le risorse per farlo. Risorse di stile”. Nazzareno Orlando, ex assessore del comune di Benevento, dice: “Spesso ci trattenevamo in un piccolo bar nelle adiacenze del teatro comunale a chiacchierare di poesia e di teatro. Sapere di conversare con una grande interprete del racconto contemporaneo. inizialmente mi creava qualche disagio, ma la sua semplicità, la sua innata classe, la sua sottile bellezza, il suo fare spiritoso e ironico, la sua colta malinconia fecero sì che discutere con lei divenisse un momento di vera serenità e d’intenso confronto”. E Alberto Rapini: “La ricordo bella e solare nel cortile di Palazzo Strozzi mentre, fasciata da un vestitino rosso che metteva in evidenza il suo bel fisico, teneva in mano un sacchetto pieno d’acqua e di ciliege. Con fascinosa intelligenza mi disse che se le sarebbe mangiate dopo che l’ultima goccia d’acqua se ne fosse andata dal sacchetto. Ridemmo divertiti e la sua mi sembrò una risata di profonda gioia. Gioia e grazia che usava anche quando andava in bici. Non era solo bella, per me era una donna profonda e leggiadra, che ti parlava accarezzandoti con la sua intelligenza”. E Gemma Menigatti Scarselli, moglie del poeta Veniero: “Era molto misteriosa la cara e bella Idolina, coltissima, gentilissima, amabilissima… Idolina rimarrà sempre nel nostro ricordo”. Da Firenze, per sua volontà senza funerale, è stata tumulata a Pico, provincia di Frosinone, nella cappella gentilizia di Palazzo Landolfi, accanto al padre. Luogo, per alcuni conoscenti, all’origine delle sue inquietudini e del suo mal di vivere.
Figlia di Tommaso, il celebrato autore di “Rien va”, “Un amore del nostro tempo”, “La pietra lunare”, laureatasi in letteratura italiana all’Università di Firenze, s’inserisce nel giornalismo collaborando a quotidiani e periodici importanti. Per dieci anni lavora a ”Il Giornale” diretto da Indro Montanelli. Traduce dal francese e dall’inglese (conosce cinque lingue). Nel 1996 fonda il Centro Studi Landolfiani, con l’obiettivo di raccogliere materiali biografici su suo padre, organizzare convegni e curare le riedizioni delle sue opere. Tiene corsi di scrittura creativa a Firenze e Roma.. Tra i suoi libri, da segnalare, oltre a “Matracci e storte”, anche “Sotto altra stella”, “Scemo d’amore” e “I litosauri” (romanzo per ragazzi) e il romanzo inedito “Io sono mio padre”. Dirige a lungo la rassegna internazionale di poesia “DiVersi Racconti”, il premio di narrativa “Lo Stellato” e coordina la sezione dedicata alla letteratura nell’ambito del festival di “Benevento Città Spettacolo”. Essere figlia di Tommaso Landolfi non le ha giovato. Le sue qualità avrebbero meritato di più. I grandi editori, quelli che contano, l’hanno presa in considerazione soltanto per le traduzione. E l’hanno ignorata, invece, per le cose sue. Il poeta Mario Luzi, in una nota su “Matracci e storte” scrive: “La sirena del bell’italiano che canta nella prosa di Idolina Landolfi esercita con delizia di effetti la sua arte. Non si ha né tempo né spazio per prendere le distanze e tamponare le orecchie con la cera così da sfuggire alla seduzione. Il dire tutto compiutamente, il non lasciare niente inespresso esaurendo virtuosamente tutti i particolari seduce del resto anche l’autrice che si gode discretamente il piacere di avere le risorse per farlo. Risorse di stile”. Nazzareno Orlando, ex assessore del comune di Benevento, dice: “Spesso ci trattenevamo in un piccolo bar nelle adiacenze del teatro comunale a chiacchierare di poesia e di teatro. Sapere di conversare con una grande interprete del racconto contemporaneo. inizialmente mi creava qualche disagio, ma la sua semplicità, la sua innata classe, la sua sottile bellezza, il suo fare spiritoso e ironico, la sua colta malinconia fecero sì che discutere con lei divenisse un momento di vera serenità e d’intenso confronto”. E Alberto Rapini: “La ricordo bella e solare nel cortile di Palazzo Strozzi mentre, fasciata da un vestitino rosso che metteva in evidenza il suo bel fisico, teneva in mano un sacchetto pieno d’acqua e di ciliege. Con fascinosa intelligenza mi disse che se le sarebbe mangiate dopo che l’ultima goccia d’acqua se ne fosse andata dal sacchetto. Ridemmo divertiti e la sua mi sembrò una risata di profonda gioia. Gioia e grazia che usava anche quando andava in bici. Non era solo bella, per me era una donna profonda e leggiadra, che ti parlava accarezzandoti con la sua intelligenza”. E Gemma Menigatti Scarselli, moglie del poeta Veniero: “Era molto misteriosa la cara e bella Idolina, coltissima, gentilissima, amabilissima… Idolina rimarrà sempre nel nostro ricordo”. Da Firenze, per sua volontà senza funerale, è stata tumulata a Pico, provincia di Frosinone, nella cappella gentilizia di Palazzo Landolfi, accanto al padre. Luogo, per alcuni conoscenti, all’origine delle sue inquietudini e del suo mal di vivere.
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