Vescovo e dottore della Chiesa
295 - 2 maggio 373
Etimologia: Atanasio = immortale, dal greco
Emblema: Bastone pastorale
L’epoca
in cui visse sant’Atanasio fu di grande crisi della ortodossia, cioè
della Dottrina autentica. Siamo intorno al 360. In quel periodo (così
come oggi) la Verità cattolica rischiava di scomparire. Celebre è la
frase di san Girolamo che descriveva quei tempi: «E il mondo, sgomento,
si ritrovò ariano». In tale
contesto, sant’Atanasio non si piegò. Egli era un giovane vescovo di
Alessandria d’Egitto. Rimase talmente solo a difendere la purezza della
Dottrina che per quasi mezzo secolo la sopravvivenza della Fede
autentica in Gesù Cristo si trasformò in una diatriba tra chi era per e
chi non per Atanasio. Qualche
cenno biografico. Egli nacque ad Alessandria nel 295. Nel 325 presenziò
al celebre Concilio di Nicea, in qualità di diacono di Alessandro
ch’era vescovo di Alessandria. Concilio famoso quello di Nicea perché
fu lì che venne solennemente proclamata la Fede nella Divinità di
Cristo in quanto consustanziale al Padre. Fu lì che fu stabilita la
definizione per intendere l’uguaglianza del Figlio con il Padre:
homoousius, che vuol dire “della stessa sostanza”. Attenzione a questa
definizione (homoousius) perché questa sarà la sostanza del
contendere. Torniamo alla vita di
sant’Atanasio. Il 17 aprile del 328 morì il vescovo Alessandro e il
popolo di Alessandria d’Egitto chiese a gran voce Atanasio come
vescovo. Fu vescovo per ben 46 anni, ma furono 46 anni durissimi, 46
anni di lotta contro l’eresia ariana e contro gli ariani. Questi
ovviamente rifiutavano proprio ciò che il Concilio di Nicea aveva detto
di Gesù, il termine homoousius, che, come ho già ricordato, vuol
dire: della stessa sostanza del Padre. Il
comportamento degli ariani di quel tempo è indicativo per capire
quanto le vicende che toccarono a sant’Atanasio siano straordinariamente
attuali. Sant’Ilario di Poitiers (315-367) racconta che gli ariani
ebbero sempre la scaltrezza di rifiutare ogni scontro dogmatico in
merito alla questione della natura di Gesù perché sapevano che le loro
tesi non potevano essere fondate sulla Tradizione né sul Magistero
definito. Si limitavano a fare ciò che solitamente fa chi non sa
controbattere in una discussione: invece di rispondere sugli argomenti,
calunnia. La discussione dottrinale veniva spesso trasformata in
conflitto su questioni personali. Il povero sant’Atanasio fu accusato
delle più grandi nefandezze: di aver imbrogliato, di aver violentato una
donna, di aver ucciso, di minare all’unicità della Chiesa. Una
tecnica che non passa mai di moda. D’altronde il demonio è sempre lo
stesso e ha sempre la stessa monotona fantasia. Gli
ariani però non si limitarono a questo. Operarono anche con grande
astuzia. Prima di tutto cercarono di occupare quante più sedi episcopali
e poi lanciarono quello che successivamente è stato definito come
semiarianesimo. Altra tecnica tipica delle eresie: una volta condannate,
riemergono proponendo un compromesso tra la verità e l’errore. Gli
ariani propagandarono la necessità di sostituire il termine stabilito
dal Concilio di Nicea, homoousion, con il termine homoiousion.
Differenza di una sola lettera, minimale, ma che cambiava tutto.
Infatti, il primo termine (homoousion) significa “della stessa
sostanza”, il secondo termine (homoiousion) significa “simile in
essenza”. Traducendo si capisce quanto la differenza non sia di poco
conto. Mentre molti vescovi si
lasciarono convincere da questo compromesso terminologico, che era
cedimento sulla Dottrina, sant’Atanasio tenne fermo, resistette come un
leone. Subì l’esilio per almeno cinque volte, ma non cedette. E –
come si suol dire – non era tipo che la mandasse a dire né che
parlasse alle spalle. Si sentiva il dovere di difendere le anime per
cui non lesinò un linguaggio polemico per mostrare a tutti quanto
fossero in errore e quanto fossero pericolosi i semiariani, che invece
agli occhi di molti sembravano innocui. Se la prendeva anche con chi
voleva accettare il compromesso dottrinale. Sentite cosa diceva a
riguardo: «Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere
figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla
felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della Grazia, ma voi
preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma
preferite predicare l’uomo e l’umanità. Portate il nome di Cristo, ma
sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande
corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e
il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi
dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro,
il cui regno non è di questo mondo». Nel
335 a Tiro, in Palestina, fu convocato un sinodo per dirimere la
controversia e dunque per decidere quale atteggiamento avere nei
confronti di ciò che affermava sant’Atanasio. Il concilio definì il
Vescovo di Alessandria con questi termini: “arrogante”, “superbo” e
“uomo che vuole la discordia”. Il papa Giulio I (?-352) cercò di
difenderlo, ma poi di lì a non molto morì e il povero sant’Atanasio fu
nuovamente attaccato. Intanto
anche il potere politico si accaniva contro di lui: l’imperatore
Costanzo l’odiava. Fu convocato un concilio ad Arles e qui si
costrinsero i vescovi a sottoscrivere una condanna di sant’Atanasio.
Chi si opponeva difendendolo veniva mandato in esilio, fu il caso di
Paolino di Treviri. Stessa sorte toccò anche al papa legittimo Liberio
(?-366), che venne sostituito da un antipapa, Felice. Fu
allora che accadde ciò che viene ricordato come “caduta” di un Papa.
Liberio, per ottenere il potere e tornare a Roma come papa legittimo,
decise anch’egli di accettare l’ambigua definizione semiariana, eppure
fino ad allora si era distinto per una convinta definizione
dell’homoousius del Concilio di Nicea. Altri
concili segnarono il trionfo dell’eresia: quelli non ecumenici di
Rimini e di Seleucia, siamo nel 359. Ma era prevedibile che per come era
stato trattato sant’Atanasio e soprattutto per come era stata
rinnegata la vera Fede il castigo fosse alle porte. All’imperatore
Costanzo, morto nel 360, successe Giuliano detto “l’apostata”
(330-363), che arrivò a ripudiare il Battesimo cercando di restaurare
il paganesimo. Non passò molto
tempo e il nuovo imperatore Valente, così come il nuovo papa Damaso,
capirono che sant’Atanasio aveva ragione e lo riabilitarono.
L’intrepido difensore della Fede cattolica morì il 2 maggio del 373. Ancora
due cose vanno messe in rilievo. La prima: ai tempi di sant’Atanasio a
difendere la Fede ci fu solo lui e una piccola comunità, i vescovi
dell’Egitto e della Libia. Solo loro seppero mantenere accesa la luce
della fede. La seconda: è significativo che colui che combatté da solo
contro l’eresia ariana, non fu mai un teologo. La sua grande sapienza
teologica, più che dagli studi, gli venne dall’incontro con i suoi
maestri cristiani che testimoniarono il martirio durante le
persecuzioni di Diocleziano; e soprattutto dall’incontro con il grande
sant’Antonio. Ario, invece, raccoglieva grande consenso per la sua
grande preparazione biblica e teologica. Era insomma come tanti teologi
che oggi vanno per la maggiore nei dibattiti, nelle prime pagine dei
quotidiani e nei talk-show televisivi. Atanasio però sapeva quanto qui
stesse l’insidia del demonio. Nella sua celebre Vita di Antonio egli
riporta un insegnamento del suo grande maestro: «[...] i demoni sono
astuti e pronti a ricorrere ad ogni inganno e ad assumere altre
sembianze. Spesso fingono di cantare i salmi senza farsi vedere e citano
le parole della Scrittura. [...]. A volte assumono sembianze di
monaci, fingono di parlare come uomini di fede per trarci in inganno
mediante un aspetto simile al nostro e poi trascinano dove vogliono le
vittime dei loro inganni».
Autore: Corrado Gnerre
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