Sotto frequenti, tiepide alluvioni –
pioggia su noi gocciolava, non ombra
dagli alberi – andavamo; e per la mano
ci guidava il passeggio a un monumento
votivo, ad un boschetto, un chiaro stagno.
Lunghe ramosità, come ali o braccia,
tremavano, alla brezza dolce e piena,
di un’ansietà che ci obbligava, cuori
troppo esitanti, ad appagarci in sogno.
Parole estratte da maree, derive
di sogni – cerchi magici di arena –
lasciammo indietro, e le piccole morti
d’ore mietute come da un inverno
sulle panchine immobili al passeggio.
Giovanna Bemporad
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