lunedì 4 maggio 2020

Adriano Spatola



4 maggio 1941 a Sapjane, allora in Italia e ora in Slovenia,
23 novembre 1988 a S. Ilario d'Enza (Parma).
un vero personaggio per la grande mole, il vitalismo, il carattere irruento, la creatività, le doti di maieuta, è stato una delle figure di maggior rilievo nella cultura letteraria italiana della seconda parte del Novecento. La sua opera poetica e l'elaborazione del suo progetto di poesia "totale", lo portarono ad inserirsi con autorevolezza nelle vicende delle avanguardie novecentesche, a ripensare a certi assunti del surrealismo e del dadaismo, a partecipare giovanissimo al Gruppo '63, giungendo infine alla concezione della poesia come fatto artistico "visivo" , "gestuale", "fonetico" oltre che letterario. La sua opera complessiva e i suoi interventi su riviste di punta come "Il Verri" e "Nuova Corrente" e sulle riviste da lui fondate - "Bab Ilu" (1962) - o cofondate - "Malebolge" (1964 - 1966), " Tam Tam" (1971 - 1988) - o condirette - "Il Cervo Volante" , inizio Anni Ottanta, con Tommaso Cascella - costituirono un punto di riferimento per le nuove generazioni di poeti dagli Anni Sessanta a tutti gli Anni Ottanta. È stato inoltre attivissimo tramite fra le esperienze italiane e quelle internazionali. Le sue numerose apparizioni, sia in Italia che all'estero, in tre continenti ( Europa, Nordamerica e Australia), come poeta "sonoro/gestuale", portavano ad una dimensione ludica e spettacolare. Infatti egli fu al contempo poeta "lineare" e "sonoro" e "visuale". Riguardo alla dimensione sonora, egli ha pure diretto per un decennio la rivista su cassette "Baobab, informazioni fonetiche - il dolce stil suono" (pubblicata a partire dagli Anni Settanta a Reggio Emilia dalle Edizioni Elytra di Ivano Burani) ed è pure presente in dischi e cassette sia in Italia che all'estero. Come poeta visuale o "concreto", egli appartiene non tanto al concretismo classico, tipo quello di Eugen Gomringer o del gruppo brasiliano "Noigandres", quanto a quello di Franz Mon dei "Testi-superficie", un modo di comporre tramite frammentazione o sgualcimento d'una pagina di giornale o di rotocalco, per cui il testo scritto viene ricombinato in nuove forme. Così nascono gli "Zeroglifici" ove la parola è distrutta, ne rimane solo lo sfacelo grafico. Se per Franz Mon contava l'indagine sui pieni e vuoti grafici e sul diverso significato che questi assumevano nel nuovo contesto, a Spatola interessava la distruzione semantica per una liberazione del linguaggio, secondo un programma che era stato una ipotesi dei poeti russi Krucenych e Chlebnikov nel 1913. Così pure come poeta sonoro, non era tanto la parola che veniva 'eseguita' fonicamente, quanto la presenza fisica, la gestualità dell'autore-attore, a contare. Nella sua poesia lineare, che forse è il momento più alto del suo operare, questo 'cupio dissolvi' apparentemente si ricomponeva nelle sequenze dei versi, ma tramite una continua imperterrita opposizione e contrasto, tendenti ad annichilire i singoli valori semantici, parola per parola, una dopo l'altra. La fitta successione di opposizioni verbali annullava il senso comune, rimaneva la forma, splendida forma del disincanto.

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