venerdì 3 gennaio 2020

Pietro Metastasio,



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
pseudonimo di Pietro Antonio Domenico Bonaventura Trapassi
(Roma, 3 gennaio 1698Vienna, 12 aprile 1782),
è stato un poeta, librettista, drammaturgo e sacerdote italiano.
È considerato il riformatore del melodramma italiano.
Pietro  e il secondogenito Leopoldo nacquero  entrambi da Felice Trapassi e da Francesca Galastri. Le figlie Barbara ed Endimira dal nuovo matrimonio fra Felice Trapassi e Angela Lucarelli di Cave, dopo che la Galastri scomparve improvvisamente e prematuramente nel 1702. Il fratello Leopoldo, avviato agli studi giuridici, rimase a Roma e fu sempre in stretto contatto, culturale e affettivo, col poeta. Si dice che Pietro, ancora bambino, attirasse a sé la folla recitando versi improvvisati su tema dato. Nel 1709 in un'occasione simile si fermarono ad ascoltarlo due signori distinti: Gian Vincenzo Gravina, noto letterato e giurista, nonché fondatore dell'Accademia dell'Arcadia, e Lorenzini, un critico di una certa fama. Gravina fu attratto dal talento poetico e dal fascino del ragazzo e dunque ne fece il suo protetto. Il padre Felice era ben lieto di dare al figlio la possibilità di ricevere una buona educazione e di poter entrare nell'alta società. Gravina ellenizzò il cognome di Pietro Trapassi in "Metastasio" e, nell'intento di farlo diventare un giurista, iniziò a impartirgli lezioni di latino e di diritto. Allo stesso tempo coltivò il suo talento letterario e mise in mostra il giovane prodigio nella sua casa e presso varie congreghe romane. Ben presto Metastasio si trovò in competizione con i più celebri improvvisatori d'Italia. I giorni trascorsi in numerosi studi e le serate dedicate alle attività d'improvvisazione in ottanta strofe furono assai rovinosi per la salute di Pietro e sottoposero a tensione la sua facoltà poetica. Tra l'altro in questo momento critico Gravina dovette recarsi in Calabria per affari. Decise di portare con sé il suo giovane allievo per farlo esibire nei circoli letterari di Napoli, affidandolo alle cure di un suo parente di Scalea, il filosofo Gregorio Caloprese. Metastasio obbedì sempre ai voleri del suo patrono. All'età di dodici anni tradusse l'Iliade in ottave; due anni più tardi compose una tragedia nella maniera di Seneca su un soggetto tratto dall'Italia liberata dai Goti di Gian Giorgio Trissino, l'epopea preferita di Gravina. Questo lavoro, che chiamò Giustino, fu pubblicato da Gravina nel 1713, ma ebbe vita breve. Caloprese nel 1714 morì e, quattro anni dopo, nel 1718 anche Gravina seguì la stessa sorte. Metastasio ereditò una fortuna di 18000 scudi. Nello stesso anno ad un incontro dell'Accademia dell'Arcadia egli recitò un elogio al suo patrono. Metastasio era ora ventenne. Quattro anni prima (nel 1714) aveva preso i voti minori di abate, senza i quali pareva impossibile intraprendere una carriera a Roma. La sua storia romantica, il fascino personale, le maniere incantevoli fecero di lui una figura ben distinta. Per due anni egli spese il suo denaro per accrescere la sua reputazione e decise di applicarsi seriamente nella sua professione. A Napoli entrò al servizio di un importante avvocato di nome Castagnola, il quale esercitò un notevole controllo su tempo ed energie del giovane. Mentre lavorava per l'avvocato, Metastasio nel 1721 compose un epitalamio e probabilmente anche la sua prima serenata musicale, Endimione, in occasione del matrimonio tra la sua patrona donna Anna Francesca Ravaschieri Pinelli di Sangro e il marchese don Antonio Pignatelli. Nel 1722 il compleanno dell'imperatrice Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel fu celebrato con il massimo degli onori, quindi il viceré incaricò Metastasio di scrivere una serenata per l'occasione. Egli accettò l'ingaggio, a patto che l'autore rimanesse anonimo. Sotto questa condizione Metastasio produsse Gli orti esperidi, che fu messo in musica da Nicola Porpora e cantato dal castrato Farinelli, il quale fece uno spettacolare debutto e si legò al Metastasio con una calorosa amicizia fraterna tanto da chiamarlo "gemello caro" nelle sue numerose lettere al librettista, ricevendo i migliori applausi. La primadonna Marianna Bulgarelli, detta La Romanina la quale interpretava Venus nel dramma, non si dette pace sino a che non ebbe scoperto l'autore. La Romanina persuase il poeta a rinunciare alla propria carriera legale e promise di assicurargli fama ed autonomia, qualora avesse voluto dedicare il proprio talento al dramma musicale. Presso la casa de La Romanina Metastasio iniziò a conoscere i più grandi compositori del tempo,  tutti questi saranno destinati in futuro a mettere in musica i suoi lavori. Qui inoltre studiò l'arte del cantare e imparò ad apprezzare lo stile di interpreti come Farinelli. Dotato di uno straordinario talento per la composizione e di un senso per la poetica, non trovò nessuna difficoltà nello scrivere le sue opere. I suoi libretti non sempre erano capolavori letterari, ma appena messi in musica diventavano vere e proprie opere eccellenti, tant'è che i migliori cantanti facevano a gara per poterli interpretare. Metastasio visse con La Romanina e suo marito a Napoli. Mossa da un affetto per metà materno e per metà romantico, la cantante lo accolse, come già fece in passato Gravina, con tutta la sua famiglia nella propria casa. Lei incoraggiò il suo genio poetico e lo viziò nei suoi capricci. Sotto la sua influenza scrisse in rapida successione Didone abbandonata, Catone in Utica, Ezio, Alessandro nell'Indie, Semiramide riconosciuta. Siroe ed Artaserse. Questi drammi furono musicati dai principali compositori di quel tempo e furono rappresentati nelle più importanti città italiane. Nel frattempo La Romanina stava invecchiando e smise di cantare in pubblico; il poeta si sentiva sempre più fastidiosamente dipendente dalla sua generosità. Egli guadagnava 300 scudi per ogni opera; questa paga, anche se buona, era incerta e da tempo desiderava ottenere un impiego fisso. Nel settembre del 1729 ricevette ed accettò l'offerta per il posto di poeta di corte al teatro di Vienna, con uno stipendio di 3000 fiorini. Nell'aprile del 1730 Metastasio si stabilì a Vienna. Qui il poeta divise fino alla fine dei suoi giorni la casa già concessa a Niccolò Martines, maestro di cerimonie del Nunzio apostolico a Vienna. Questa data segna un nuovo periodo nella sua attività artistica. Tra gli anni 1730 e 1740 i suoi bei drammi Adriano, Demetrio, Issipile. Demofonte, Olimpiade, Clemenza di Tito, Achille in Sciro, Temistocle e Attilio Regolo, vennero prodotti per il teatro imperiale. Alcuni di essi furono composti per occasioni speciali e con incredibile rapidità. Oltre a ciò si dedicò nuovamente ai testi sacri: nel 1730 venne alla luce La Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, che divenne uno degli oratori più musicati del XVIII secolo. Metastasio padroneggiava la tecnica della sua arte fino ai minimi dettagli. Le esperienze che acquisì a Napoli e a Roma, così come l'entusiasmo viennese per i suoi lavori accelerarono la sua carriera. A Vienna Metastasio non incontrò un forte successo sociale, giacché la sua nascita non nobile lo escludeva dai circoli dell'aristocrazia. Per ovviare a questa mancanza intraprese una relazione intima con la contessa Marianna Pignatelli di Althann, cognata della sua passata patrona, la principessa Belmonte Pignatelli, la quale aveva perso il marito ed era stata a lungo la favorita dell'imperatore. Il rapporto tra lei e Metastasio fu così intenso che si credeva che si fossero sposati segretamente. Con il passare del tempo, la vita che Metastasio teneva a Vienna, come anche il clima, si fece sentire sulla sua salute e sul suo spirito. Dal 1745 in avanti egli scrisse poco, anche se le sue cantate risalgono a questo periodo, così come la canzonetta Ecco quel fiero istante, che godette di larghissima fortuna. Nel 1755 morì la contessa Althann e Metastasio ridusse i suoi rapporti sociali ai soli visitatori che andavano a trovarlo. Ormai afflitto dall'avanzare della sua vecchiaia e dalla perdita della sua vena poetica visse gli ultimi anni della sua vita rimanendo pressoché inattivo. Il 3 settembre 1768 fu eletto accademico della Crusca. Morì nel 1782, lasciando una fortuna di 130.000 fiorini ai figli dell'amico Martines. Era infatti sopravvissuto a tutti i suoi parenti in Italia. Fu sepolto nella cripta della chiesa di San Michele a Vienna e nella chiesa dei Minoriti sta una sua lapide sepolcrale e un grande busto.

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