venerdì 18 aprile 2025

Il corpo è il tempio dell'anima



Il corpo è il tempio dell'anima essa è composta sia l'aspetto emotivo e da quello mentale quando saranno stati guariti e bilanciati per permettere una connession più grande alzando le vibrazioni dello spirito in se stesso in modo tale di prenderne coscienza.

Marco con amor 💗

mercoledì 16 aprile 2025

Mendica

 


Mentre la ricca imbandigion levata

Tranquillo io me ne uscia,

Vidi una fanciulletta inginocchiata

Nel fango della via.

Colla veste cadente a brano a brano,
Pallida e macilente,

Implorava col pianto e colla mano

La pietà della gente.

In grembo le gittai qualche moneta
E dissi: – «o poveretta,

Torna alla madre tua che forse inquieta

Per te piange e t’aspetta».

Tremulo e mesto errar vidi un sorriso
Sulla sua bocca smorta,

E al cielo volgendo lo stremato viso

Disse: – «mia madre è morta».

Disse: – «mia madre è morta: io sondigiuna
E la stagione è cruda,

In terra a me non pensa anima alcuna:

Sono orfanella e ignuda».

Io sentii che talvolta ancor bisogna
Pianger dell’infelice,

E innanzi alla miseria ebbi vergogna

D’esser quasi felice”.

Vale la pena...

 


martedì 15 aprile 2025

Ci sarà sempre una penna.......


 

EULERO

(Basilea, 15 aprile 1707 – San Pietroburgo, 18 settembre 1783),

Il genio dell'Illuminismo paragonabile a Pitagora, Euclide, Newton e Gauss. Il suo soprannome? Il ciclope della matematica. Oggi sarebbero 318 anni dalla nascita del grande matematico svizzero Leonhard Paul Euler, alias Eulero ha indagato ogni branca della disciplina madre dalla geometria alla trigonometria, dal calcolo infinitesimale all' analisi, dedicandosi anche alla fisica e all' astronomia. Eulero aveva perso l'occhio destro appena trentenne, si dice per il troppo lavoro o per aver fissato troppo a lungo il Sole alla ricerca di un nuovo modo per misurare lo scorrere del tempo. A questa perdita Eulero, anche in virtù della sua grande fede, aveva reagito bene. I contributi di Eulero sono innumerevoli e inestimabili: dall'introduzione di alcune notazioni e simboli fondamentali - come il pi greco ( π), la e per il numero di Nepero (costante fondamentale per lo studio dei logaritmi in analisi, da allora numero di Eulero) o la i per le unità immaginarie, le notazioni di seno e coseno in trigonometria e quella f(x) per le funzioni – alla formula di Eulero dei numeri complessi, dalla risoluzione del problema dei sette ponti di Königsberg (che diede il via allo studio dei grafi), alla formula per calcolare molti dei numeri primi, per i quali il matematico aveva una passione particolare. E questi non sono che pochi esempi della sua opera. . Ma soprattutto è sua quella che viene oggi considerata la formula più bella della matematica, ovvero l' Identità di Eulero: e iπ +1 = 0. A definirla così fu Richard Feynman perché lega tra loro, attraverso gli operatori fondamentali della matematica (uguaglianza, addizione, moltiplicazione ed esponenziazione), alcune tra le costanti, i numeri e i simboli più importanti. Secondo lo stesso Eulero molte di queste scoperte e intuizioni matematiche sono merito dei figli: la maggiore parte di esse, amava ripetere, gli sono venute alla mente infatti mentre cullava uno dei suoi tredici pargoli, e non mentre si consumava gli occhi sui fogli di calcolo. Del resto, come disse il matematico e fisico francese François Arago: “ Eulero calcolava senza sforzo apparente, così come gli uomini respirano o le aquile si sostengono nel vento”.

lunedì 14 aprile 2025

Si fa quel che si pole.

Mi chiamarono al tocco: io mi destai,
E in fretta e 'n furia mi messi un vestito.
Come tremavo! A un tratto: - O dove vai? -
Mi domandò tra 'l sonno 'l mi' marito.
- More! - dissi - Ma chi? - More Amaddio.... -
Fece un salto dal letto, e - Vengo anch' io. -

Quando ripenso a cotesta nottata....
Guardi, Signora, ho sempre gli occhi rossi;
Che strazio! che famiglia desolata!
Io non sapevo più dove mi fossi.
Lei svenuta.... d'intorno i suoi bambini....
Cinque che urlavan - mamma - poverini!

Alle quattro spirò. Povero vecchio!
Stette in sè fin all'ultimo momento,
E ogni tanto ammiccava qui all'orecchio,
Come volesse dire: - anch'io li sento.... -
Poi guardava in quell'uscio, fisso, fisso,
E piangeva, e baciava il Crocifisso.

Lei, da quel giorno, è sempre allo Spedale,
E morirà di certo. La vedesse!
Uno scheletro, un'ombra tal' e quale.
Chè se un pensiero non la trattenesse,
Forse a quest'ora.... Oh, si! lo creda pure
Campa per quelle cinque creature

Quegl' innocenti si son presi noi
Gigi era tanto amico d'Amaddio
Che se li tiene come fosser suoi;
E, non lo nego, fo altrettanto anch'io.
De' mezzi non se n' ha, ma.... cosa vole?
Signora mia, si fa quel che si pole.

Renato Fucini Firenze, 1872.


domenica 13 aprile 2025

La Bella addormentata.

Ogni giorno finita la scuola,
Io men vo difilato al castello,
Al castel della Dama chè sola.
Folte piante le servon da ombrello,
Perchè fuori ella dorme sul prato.
Da cent'anni sul prato ella posa,
In quel bosco, ch'è un bosco fatato;
Ma ancor fresca è sì come una rosa.
Le sue braccia son bianche qual neve,
La sua bocca sorride sognando,
Mentre il petto sollevasi lieve.
Van gli uccelli d'intorno cantando,
E le posan sui fini capelli,
Sparsi al suolo, in anella dorate,
Su cui brillan preziosi gioielli.
Sol destare la posson le fate,
O per lor chi ha la verga incantata.

E ora, mamma, sorrider non devi,
S'io ti dico:_La verga ho trovata!
Sai? Tra monti coperti di nevi,
Per sett'anni cercar l'ho dovuta,
Le mie scarpe di ferro rompendo
Sette volte. Ma infine l'ho avuta,
Sette fiasxche di lagrime empiendo.
S'io le tocco una mano con quella,
T'assicuro, la Dama dormente
Si ridesta, più lieta e più bella.
Ecco ride, ecco parla, ecco sente!

O mammina, vuoi tu or sapere
Ove dorma la principessina?
Non lontano è qui: vuoi vedere?
E' li fuor, sulla mia terrazzina,
Dietro il vaso dell'erba cedrina!

Rabindranath Tagore

La bella addormentata

 

Le favole dove stanno?
Ce n’è una in ogni cosa:
nel legno del tavolino,
nel bicchiere, nella rosa.

La favola sta lì dentro
da tanto tempo, e non parla:
è una bella addormentata
e bisogna risvegliarla.

Ma se un principe, o un poeta,
a baciarla non verrà,
un bimbo la sua favola
invano aspetterà.

 Gianni Rodari

Cicerinella aveva un podere

           

Cicerinella aveva un podere
tutti i giorni l'andava a vedere

Se gli mancava un fuscellino
dava la colpa al contadino.
Se gli mancava la pera spina
dava la colpa alla contadina.

Cicerinella aveva una mula
tutti i giorni la dava a vettura
e ci aveva la briglia e la sella
era la mula di Cicerinella.

Cicerinella aveva un gallo
lo portava alla festa da ballo
e ci aveva la briglia e la sella
era il gallo di Cicerinella.

Cicerinella aveva un cane
gli faceva mangiare il pane
e ci aveva la briglia e la sella
era il cane di Cicerinella.

Cicerinella aveva un topo
gli faceva soffiare il foco
e ci aveva la briglia e la sella
era il topo di Cicerinella.

Cicerinella aveva un gatto
gli faceva leccare il piatto
e ci aveva la briglia e la sella
era il gatto di Cicerinella.

Attenti ad etichettare le persone,

 


Attenti ad etichettare le persone,

perché ci sono molte donne
più coraggiose degli uomini,
uomini più sensibili dei bambini,
bambini più sofferenti degli anziani,
anziani più veloci dei giovani,
e giovani più saggi degli anziani.
Alcuni laureati
insegnano ignoranza
e analfabeti
insegnano la vita.
~ Autore sconosciuto ~

Paese

 


Come è nobile chi


 

Un giorno l'amore chiese alla nostalgia:

Un giorno l'amore chiese alla nostalgia:

"Perchè ti interstardisci ad entrare nei cuori delle persone?"
E con un sospiro melanconico
la nostalgia rispose:
"Entro nei cuori che TU hai abbandonato,
e quando entro in essi trovo tutto scompigliato,
senza vita, senza prospettiva
di un futuro felice.
E così, comincio a sistemare tutto
nel suo debito luogo.
E quando tutto è al suo posto,TU torni
con la tua aria audace e prendi possesso
nuovamente del luogo."
E così, l'amore, sorridendo rispose:
"Faccio parte della vita delle persone,
assorbo allegria, felicità e la speranza
di cui tutti necessitano per vivere,
e solamente esco dai cuori delle persone
che non confidano in me..."
web

Rocco Dicillo


(Triggiano, 13 aprile 1962 – Capaci, 23 maggio 1992)
è stato un agente scelto di Polizia italiano.

Agente della scorta di Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci.Dicillo viaggiava sul sedile posteriore della prima delle tre Fiat Croma che riaccompagnavano il magistrato, appena atterrato a Punta Raisi da Roma, a Palermo. L'auto era guidata da Vito Schifani, al cui fianco sedeva Antonio Montinaro (Falcone guidava la Croma bianca che li seguiva, e su cui viaggiava anche la moglie Francesca Morvillo). Nell'esplosione, avvenuta sull'Autostrada A29 all'altezza dello svincolo per Capaci, i tre agenti morirono immediatamente, dato che la loro Croma marrone fu quella investita con più violenza dalla deflagrazione, tanto da essere sbalzata in un oliveto a più di dieci metri di distanza dal manto stradale. Rocco Dicillo è seppellito nel cimitero di Triggiano, suo paese natale, dove gli sono state intitolate una piazza e una via. LA7 il 18 maggio 2012 ha trasmesso il film “Vi perdono ma inginocchiatevi” con soggetto di Rosaria Costa Schifani (moglie dell’agente Vito Schifani) e di Felice Cavallaro. Esso narra della vita dei tre poliziotti della scorta di Giovanni Falcone (Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo) e dei loro familiari, fino alla strage di Capaci con la loro drammatica fine, insieme al giudice e alla moglie. Onorificenze
Medaglia d'oro al valor civile
«Preposto al servizio di scorta del giudice Giovanni Falcone, assolveva il proprio compito con alto senso del dovere e serena dedizione, pur consapevole dei rischi personali connessi con la recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell'ordine giudiziario e delle Forze di Polizia. Barbaramente trucidato in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la giovane vita a difesa dello Stato e delle Istituzioni. Palermo, 23 maggio 1992.[1]»
— 5 agosto 1992
Intitolazione di Via Rocco Dicillo nel quartiere Santa Rita della città di Bari

venerdì 11 aprile 2025

Pierino

Quando Pierino nacque fu povero orfanello....
Il nonno lo portò nella sua casa
Antica e grande in mezzo a un gran giardino.
Oh! quanto verde! intorno
C'erano peri e meli,
Un tremolar di steli,
Frulli di foglie e d'ale,
Un gridìo di cicale
Nel grave mezzogiorno,
E poi tra il lusco e il brusco,
I pigolii sommessiDe' nidi sui cipressi....
Era per angioletto un paradiso
Quell'antico giardino!
Al paradiso s'avvezzo Pierino.
Sua balia era una capra,Suo fratello di latte era un capretto:
E il caprettino adesso
Già facea le sue corse ed i suoi balzi;
E l'omettino, anch'esso,
Volle incignare i suoi piedini scalzi.
E fece il primo passo,
E fatto il primo, volle farne un altro...
E con le braccia avanti,
Trempellando, nuotando, vacillando,
Fra le tremule mani del buon avo,
Che gli era intorno, e gli diceva:"Vieni!
Oh! non ti tengo più...là...là...là..bravo!"
O bei giorni sereni!Com'erano contenti!
Sù dìan due risatine a quando a quando,
Ch'erano tutt'e due gentil cosa!
Ch'erano tutt'e due  color di rosa,
Senza biancor di denti,

Egli era il re: suo nonno
Era il suo servo: "Babbo aspetta!". Il nonno
Aspettava. "N, vieni!". Egli veniva.
"Ridi!". Rideva. "Canta!".
Cantava...O famigliola,
Tra nidi e l'ombre, sola, sola, sola:
L'uno diceva l'ultime parole,
L'altro le prime, ed erano le stesse.
Diceva il nonno al bimbo le più care,
Le meglio che sapesse,
Per farlo compitare:
Dicea: "Pierino, core del mio core!".
E lui:" Pielino, cole del mio cole!".
Li benediva il sole....
Victor Hugo.

giovedì 10 aprile 2025

Natale

Bimbo, ier sera, nel baciarti in fronte,
Mamma ti disse:_Dormi : al capezzale
Dei bimbi buoni or or portano un monte
Di belle cose gli angeli su l'ale.

Ecco il mattin del mistico Natale
Che disegna in luminose impronte!
Cantano le campane e lento sale,
Largo incenso, il vapor dell'orizzonte.

Dèstati, figlio mio, guarda che festa!
Un pulcinella, un pesce con le squame
D'oro, una capra con dei fiocchi in testa!:...

Tu ridi?...Eppur in questo dì sereno
Vi son piccini che hanno freddo e fame
E piangon tanto sai!...Pensaci almeno.

Contessa Lara.

10 aprile San Mattia Marco

 




Mercedario, martire 
XIII secolo
Originario dei dintorni di Tolosa (Francia), San Mattia Marco entrò nell’Ordine della Mercede nel convvento di Maleville. La sua vita esemplare di penitenza unita alle sue rare doti di cultura, lo fecero designare per essere inviato a Tunisi in Africa come redentore assieme a Sant’Antonio Valesio nell’anno 1293. Arrivati a Tunisi, San Mattia Marco difese energicamente alcune verità del cristianesimo con alcuni saraceni i quali in odio a Gesù Cristo lo denunciarono all’empio sultano Alicut Mahomet. Dopo averlo arrestato, fu coperto di oltraggi e torture, quindi, condotto su di un’altura, lo fecero precipitare e con il corpo massacrato raggiunse la corona dei martiri.
L’Ordine lo festeggia il 10 aprile.

Buongiorno a tutti 🌞🍀🌷

 


Ho deciso di fare la dieta dell'allegria.
sorridere ogni mattina
ridere a mezzogiorno
e se ne rimane anche per fine giornata.
Lucia
🐞

mercoledì 9 aprile 2025

Gaetano Donizetti

(Bergamo29 novembre 1797 –  8 aprile 1848)
è stato un compositore italiano, tra i più celebri operisti dell'Ottocento.

Scrisse poco meno di settanta opere oltre a numerose composizioni di musica sacra e da camera. Le opere di Donizetti oggi più sovente rappresentate nei teatri di tutto il mondo sono L'elisir d'amore, Lucia di Lammermoor e Don PasqualeCon frequenza sono allestite anche La Fille du régiment, La favorite, Anna Bolena, Maria Stuarda, Roberto Devereux e Lucrezia Borgia.. La sua produzione operistica è vastissima e spazia dai melodrammi seri alle commedie musicali, lasciando un'impronta indelebile sulla storia della musica. Donizetti dimostrò fin da giovanissimo un talento innato per la musica. Grazie a una borsa di studio, poté studiare presso la scuola caritatevole di musica di Bergamo, dove si perfezionò in composizione. La sua carriera decollò rapidamente e ben presto iniziò a scrivere opere che riscuotevano un grande successo di pubblico. La produzione operistica di Donizetti è davvero impressionante: si stima che abbia composto circa settanta opere, tra cui capolavori come "L'elisir d'amore", "Lucia di Lammermoor", Anna Bolena”, “Lucrezia Borgia” e "Don Pasquale". Le sue opere sono caratterizzate da melodie accattivanti, personaggi ben delineati e situazioni drammatiche che emozionano profondamente il pubblico. Donizetti è considerato uno dei massimi esponenti dell’opera italiana. La sua musica è ancora oggi amatissima in tutto il mondo e le sue opere sono regolarmente rappresentate nei teatri lirici. L'influenza di Donizetti sulla musica italiana e internazionale è stata enorme e la sua ricchissima produzione operistica è ancora oggi oggetto di continue scoperte e riscoperte. Era noto per la sua straordinaria capacità di comporre opere in tempi brevissimi. Si racconta che scrisse "Anna Bolena" in soli trenta giorni, dimostrando una facilità e una velocità compositiva che lasciavano sbalorditi i suoi contemporanei. Donizetti fu incessantemente operosa, dominata da una passione divorante per l'arte, e la sua musica, nei suoi capolavori, è di una eleganza raffinata, elaborata con il gusto di un classico, e d'una rara potenza emotiva. Donizetti fu detto l'Ovidio della musica, per la sua fecondità e per la sua vena creatrice veramente straordinaria.” Donizetti era noto per la sua generosità e per la sua disponibilità ad aiutare i colleghi musicisti. Si racconta che offrì il suo sostegno a Giuseppe Verdi in occasione della prima rappresentazione di "Ernani" a Vienna. Nonostante la sua giovane età, Donizetti era già considerato un maestro dai suoi contemporanei. Il compositore Simon Mayr, dopo il successo di "Anna Bolena", si rivolse al giovane Donizetti chiamandolo "maestro". Era un uomo passionale dal carattere focoso e i suoi attaccamenti sentimentali erano intensi. Si sposò due volte ed ebbe numerose relazioni, lasciando tracce della sua vita privata nelle sue opere. Nonostante la sua salute cagionevole negli ultimi anni di vita, Donizetti continuò a comporre fino all'ultimo respiro, lasciandoci un'eredità musicale vastissima e di grande valore. Negli ultimi anni della sua vita, Donizetti fu afflitto da una grave malattia che lo portò alla morte prematura. La sifilide, diagnosticata post-mortem, lo aveva indebolito sia fisicamente che mentalmente. Una delle storie più misteriose legate a Donizetti riguarda la sparizione del suo cranio dalla tomba. Si dice che fosse stato rubato e utilizzato come portamonete da un suo nipote. Nonostante la sua fama di genio solitario, Donizetti era in realtà un uomo molto socievole e amava passare del tempo con gli amici. Si racconta che fosse un conversatore brillante e che avesse un grande senso dell'umorismo, caratteristica che traspare anche dalle sue opere, che alternano tematiche di profonda drammaticità a tematiche di brillante umorismo.


Mezzanotte

Quando a notte si velano
Le pie stelle, e il suono dell'ore
Da San Carlo al Corso in dodici
Balzi arriva nel mio cuore,
e la luna solitaria
per il cielo chiar s'effonde,
e gli alati sogni calano
lievi, a frotte vagabonde,
su 'l terrazzo io muoio tacita,
e tra' fior del parapetto.
Ma un'altra ombra a un punto sorgere
ecco dietro: su le chiome
sento un bacio e un respir tiepido
che si esala nel mio nome.
Non mi volgo io, ma con languido
atto il capo indietro piego,
e d'un braccio quel suo pallido
viso al mio stringo e ripiego.
Le nostre ombre si confondono
Mentre avvinti si rimane:
e s'intorno alto singhiozzando
invisibili fontane.
Volan l'ore... Chi mai numera
I miei baci e i baci suoi?
Par che Dio non lasci vivere
Nella notte altri che noi.


Contessa Lara

Evelina Cattermole



Eva Giovanna Antonietta Cattermole,
più nota come
 Evelina o Lina Cattermole
(Firenze26 ottobre 1849 – Roma30 novembre 1896),

è stata una scrittrice e poetessa italiana. Scrisse anche novelle e opere in prosa.
La parte più rilevante della sua produzione è firmata con lo pseudonimo Contessa Lara. Nacque a dallo scozzese Guglielmo Cattermole, professore d'inglese, che in terze nozze aveva sposato Elisa Sandusch, eccellente pianista. Ebbe una sorella, Eufrosina, e un fratello, che fu chiamato Guglielmo come il padre, sposò la figlia di un compositore e musicografo belga, e fu lui stesso musicista, più precisamente violinista nell'orchestra di Monte Carlo Maria Freschi Borgese ha ritrovato a Firenze il certificato originale di nascita, che incontrovertibilmente la indica come nata a Firenze il 26 ottobre 1849. Una descrizione dell'infanzia di Eva è proposta da lei stessa nella novella La Rosona, che fa parte di Storie d'amore e di dolore. Fu molto precoce nell'apprendimento della musica e delle lingue straniere: imparò fin da giovanissima l'inglese, il francese, lo spagnolo e l'italiano. Studiò a Parigi, nell'Istituto Sacre Coeur. Andava a lezione di italiano da Marianna Giarré, che era a sua volta una poetessa amica di Pietro GiannoneAleardo AleardiNiccolò TommaseoFrancesco Dall'OngaroGiovanni PratiGiosuè Carducci. Come vuole la storia da lei stessa divulgata, i primi versi di Evelina furono scritti spontaneamente come accompagnamento a un mazzo di fiori offerto in regalo alla madre. Nel 1867 fu pubblicata la sua prima raccolta Canti e Ghirlande per l'editore Cellini a Firenze, con poesie di carattere occasionale molto ingenue, che mostrano chiare influenze di Aleardi, Prati, Dall'Ongaro, ma ricevettero le stroncature di Benedetto Croce e di Giosuè Carducci. La pubblicazione è successiva alla morte della madre di Evelina. La prima parte della raccolta è dedicata al padre; la seconda alla sorella Eufrosina; la terza a Pietro Giannone, martire repubblicano; la quarta alla Principessa Elisa Poniatowska, che teneva un salotto frequentato anche da Gaetano Donizetti; la quinta all'amica Elvira Spannocchia; la sesta a Marianna Giarré.Evelina frequentava alcuni salotti prestigiosi, tra cui quello di Laura Beatrice Oliva, detta la Corinna Italica, moglie del giureconsulto Pasquale Stanislao Mancini marchese di Fusignano. Eva divenne amica delle loro figlie e, frequentando la loro cerchia di amici, conobbe il tenente dei bersaglieri Francesco Eugenio Mancini, nato nel 1845, figlio terzogenito dei padroni di casa, del quale si innamorò. Si sposarono nel 1871, soggiornarono brevemente a Roma, quindi si stabilirono a Napoli per un breve periodo, e poi definitivamente a Milano. Lì, Eva frequentò diversi salotti, tra cui quello di casa Maffei, e cominciò a tenerne uno suo. Frequentava anche i ritrovi della Scapigliatura, dove conobbe Arrigo BoitoGiuseppe RovaniEugenio Torelli Viollier, fondatore del Corriere della Sera, ed Emilio Praga, che le regalò un libro apponendovi una dedica: Evelina lo conservava tra gli oggetti che le erano più cari. Attorno a Evelina si creò una corte di ammiratori, che l'adoravano per la bellezza e la grazia ammaliante, mentre il marito disertava sempre più spesso la casa per giocare d'azzardo o intrattenersi con donne di teatro. Proprio tramite Francesco Eugenio, Eva conobbe il giovane veneziano Giuseppe Bennati Baylon, impiegato al Banco di Napoli, se ne innamorò. Con la complicità della cameriera Giuseppina Dones, divenne la sua amante. Francesco Eugenio si avvide dei pettegolezzi, che giravano per Milano e costrinse la cameriera a rivelargli che gli amanti si incontravano in una garçonnière di via dell'Unione. Verso metà maggio 1875 li colse in flagrante adulterio. Aver scoperto la moglie in flagranza di adulterio dava a Francesco Eugenio Mancini il diritto, secondo le implicite norme sociali dell'epoca, di sfidare a duello l'amante, cosa che prontamente fece. Il duello alla pistola terminò tragicamente con il ferimento e quindi la morte (7 giugno 1875) di Bennati Baylon. Seguì il 30 luglio un penoso processo, in cui Francesco Eugenio fu assolto per l'omicidio d'onore. Contemporaneamente, egli aveva fatto richiesta di divorzio e scacciato la moglie di casa. Lo scandalo che ne seguì presso l'opinione pubblica fu enorme, e Evelina, dopo un ultimo omaggio alla tomba di Bennati, fuggì da Milano coperta di vergogna. Suo padre non volle accoglierla a Firenze, in seno alla nuova famiglia che aveva formato con Clementina Lazzeri dopo la morte della moglie Elisa. Dopo un breve ritorno a Milano per i funerali di Giuseppe Bennati Baylon, cui partecipò di nascosto e stando lontana dagli occhi della folla, visse poveramente in camere ammobiliate a Firenze, e poi si spostò presso la nonna, sempre a Firenze. Le ristrettezze economiche per un lungo periodo la tormentarono, e la costrinsero a pubblicare poesie e articoli su riviste per poter guadagnare qualcosa. Lentamente, riuscì a uscire dall'ostracismo in cui era stata posta, e tornò a frequentare salotti. Anche i rapporti con il padre e la sua nuova famiglia migliorarono, e Evelina poté incontrare talvolta i suoi nuovi fratellini, ai quali si legò molto, come dimostrano le sue liriche Ricordo d'Aprile per il fratellino Fausto e Parvula per la sorellina Esterina. Nell'estate del 1875 conobbe il poeta Mario Rapisardi. La loro vicinanza dette adito a molte voci: la tesi prevalentemente accettata è che da parte di Evelina sia stata soltanto un'amicizia, nonostante uno dei migliori biografi e amici del poeta, Alfio Tomaselli, sostenesse che la Contessa ne fu l'amante. Nel 1884 Eva era una scrittrice affermata, e vari poeti le dedicavano versi. Tra il 1884 e il 1894, Eva compose la raccolta di liriche Nuovi versi. Intanto collezionava amori più o meno stabili, favoriti dalla sua fama e dalla sua bellezza, cercando la felicità e il vero amore, e incontrando anche uomini che approfittavano della sua ingenuità e generosità. Nel corso del 1886 Eva si spostò molto, toccando Parma, Milano, Firenze, per poi stabilirsi a Roma, dove poteva più facilmente trovare lavoro. La sua amicizia con il siciliano Giovanni Alfredo Cesareo, di 12 anni più giovane di lei, con cui aveva collaborato presso la rivista Nabab nel gennaio del 1885, si tramutò in una relazione stabile, durata fino al 1894. Fu per lei come ritrovare le gioie di una vera famiglia, a cui aveva sempre anelato. Considerò la relazione come un matrimonio vero e proprio, come si legge nelle sue liriche.Tra il 1886 e il 1895 Eva scrisse molte delle sue opere di prosa (Così èL'innamorataNovelle di NataleUna famiglia di topi e Il romanzo della bambola) e ripubblicò Storie d'amore e di dolore. Inoltre, nel 1886 pubblicò E ancora versi a Firenze, per i tipi di Sersale. A Roma Evelina tenne un salotto musicale che aveva molto successo: lo frequentarono, tra gli altri, Arturo GrafAngelo De Gubernatis, lo scultore statunitense Moë Ezekiel, il pittore Guido Boggiani, lo scultore Niccolini, la pittrice Anna FortiLuigi Capuana, lo scrittore Pierre Loti, e alcuni parlamentari. D'estate si recava in vacanza a Riva Trigoso. Manteneva buoni rapporti con Matilde Serao, nonostante avesse scritto una recensione negativa ai suoi Versi di Cattermole del 1883. Nel novembre del 1894 terminò la relazione di Eva con Giovanni Alfredo Cesareo: la scrittrice visse una lieve depressione e si lasciò un po' andare. Nello stesso anno De Gubernatis mandò a casa di Eva un suo collaboratore alla rivista Vita italiana, Giuseppe Pierantoni, che doveva adattare per la rivista i figurini francesi alla sensibilità italiana. Cattermole collaborava con la rivista, sulla quale teneva una rubrica di moda. L'uomo, che aveva 25 anni all'epoca, era un pittore napoletano di scarso talento e conduceva una vita di stenti. Eva cominciò ad aiutarlo, raccomandandolo ai propri amici e invitandolo a cenare da lei. Nel febbraio del 1895 la relazione tra i due diventa di natura sentimentale e intima. Convissero nella casa di Eva, con i soli introiti del suo lavoro. Cattermole ebbe modo di ricredersi più di una volta sulla propria generosità, che l'aveva spinta ad aiutare con ogni mezzo un uomo che si rivelò scarsamente propenso al lavoro, manesco e possessivo. Eva non riusciva ad allontanarsi da lui, nonostante un giorno di maggio 1896 l'avesse chiuso fuori di casa: Pierantoni era rientrato con la forza, passando da una finestra, e lei non riusciva a liberarsene. Alcuni amici la consigliarono di recarsi alla Questura e di denunciarlo, ma lei temeva la sua reazione.Nell'estate del 1896, si recò in villeggiatura in Liguria, dove ebbe modo di incontrare un amico di sempre, Ferruccio Bottini, che stava raggiungendo la propria nave a La Spezia: Eva gli confidò i suoi problemi, e lui la invitò a lasciare il convivente e a rifugiarsi a Livorno, ospite della sua famiglia. Le comprò anche un revolver da tenere in borsetta per maggior sicurezza.  A ottobre 1896 Eva tornò a Roma, decisa a traslocare a Livorno dai Bottini, ma la fine tragica della sua vicenda sentimentale con il pittore napoletano fu quasi inevitabile. Il 30 novembre, durante l'ennesima lite in cui Eva gli intimava di andarsene, fu fatale la presenza nella stanza del revolver, che Pierantoni, infine, in circostanze mai ben accertate, rivolse contro di lei colpendola all'addome, per poi puntarla contro se stesso, ferendosi all'ascella.La pistola era un modello da signora, di piccolo calibro, e il colpo non provocò la morte immediata di Evelina, che però non fu immediatamente soccorsa. Pierantoni e la domestica, Luisa Medici, che nel frattempo era accorsa, persero diverso tempo prima di chiamare un medico, il dottor Parboni, e le forze dell'ordine giunsero sul posto parecchie ore dopo, quando Eva era già agonizzante. Fino all'ultimo, a chi si recò al suo capezzale, Eva insisté nel dire che il ferimento era stato dettato solo ed esclusivamente da interesse economico: «Assassino, l'ha fatto per interesse, soltanto per interesse...». Voleva scongiurare al suo aggressore le molte attenuanti alla pena che le giurie dell'epoca tendevano ad applicare per i moventi passionali. I funerali ebbero un gran concorso di folla, e furono molte le manifestazioni di affetto, ma fu offuscato da un grave scandalo: i fondi raccolti per la sepoltura svanirono nel nulla e i resti della scrittrice non poterono avere una sepoltura adeguata. Il testamento indicava come unico erede l'amico Ferruccio Bottini, che rifiutò il lascito. Il processo a carico di Pierantoni fu celebrato due anni dopo presso la Corte d'Assise di Roma e fece scalpore. Il Pubblico Ministero, che definì Pierantoni «l'assassino sfruttatore di donne», e la stampa con gli articoli di Angelo De Gubernatis, Olga Ossani Lodi, Eugenio Rubichi (Richel), Gino Monaldi, Ferdinando Russo e Mario Giobbe sostennero il movente economico. L'avvocato difensore di Pierantoni, Salvatore Barzilai, quello passionale. Durante il processo il Pierantoni cercò, come ultima difesa disperata, di attribuire la sua azione al grande turbamento provocato nella coppia da una rappresentazione della Carmen di Bizet. Non fu possibile provare l'esatta dinamica dei fatti, né le motivazioni economiche e il processo si concluse il 10 novembre 1898 con la condanna di Pierantoni a 11 anni e 8 mesi di reclusione per omicidio volontario, con il riconoscimento delle attenuanti della provocazione lieve.

“La famija poverella”

Quiete, crature mie, stateve quiete:

zitti, figli ché mò viè la ata.

Oh Vergine der pianto addolorata,

provedeteme voi che lo potete.

No, viscere mie care, nun piagnete:

nun me fate morì cusì accorata.

Lui quarche cosa l’averà abbuscata,

e pijeremo er pane, e magnerete.

_Mamma allo scuro io non vojo stare!

Mi pare di vedere un ner figuro.

_Non c'è olio, Peppin, come s'ha fare?

Si capìste er bene che ve vojo!… 

E ttu, Lalla, che hai? Povera Lalla

hai freddo? Ebbè, nun méttete lì ar muro:

viè in braccio a mamma tua che tt’ariscalla.

Gioacchino Belli    

Il corpo è il tempio dell'anima

I l corpo è il tempio dell'anima essa è composta sia l'aspetto emotivo e da quello mentale quando saranno stati guariti e bilanciati...