Roccasecca, Frosinone, 1225– Fossanova, Latina, 7/3/ 1274
Patronato: Teologi, Accademici, Librai, Scolari, Studenti
Etimologia: Tommaso = gemello, dall'ebraico
Emblema: Bue, Stella
Tommaso,
nacque all’incirca nel 1225 nel castello di Roccasecca (Frosinone) nel
Basso Lazio, che faceva parte del feudo dei conti d’Aquino; il padre
Landolfo, era di origine longobarda e vedovo con tre figli, aveva
sposato in seconde nozze Teodora, napoletana di origine normanna; dalla
loro unione nacquero nove figli, quattro maschi e cinque femmine, dei
quali Tommaso era l’ultimo dei maschi. Secondo
il costume dell’epoca, il bimbo a cinque anni, fu mandato come
“oblato” nell’Abbazia di Montecassino; l’oblatura non contemplava che
il ragazzo, giunto alla maggiore età, diventasse necessariamente un
monaco, ma era semplicemente una preparazione, che rendeva i candidati
idonei a tale scelta. Verso
i 14 anni, Tommaso che si trovava molto bene nell’abbazia, fu
costretto a lasciarla, perché nel 1239 fu occupata militarmente
dall’imperatore Federico II, allora in contrasto con il papa Gregorio
IX, e che mandò via tutti i monaci, tranne otto di origine locale,
riducendone così la funzionalità; l’abate accompagnò personalmente
l’adolescente Tommaso dai genitori, raccomandando loro di farlo
studiare presso l’Università di Napoli, allora sotto la giurisdizione
dell’imperatore. A
Napoli frequentò il corso delle Arti liberali, ed ebbe l’opportunità
di conoscere alcuni scritti di Aristotele, allora proibiti nelle
Facoltà ecclesiastiche, intuendone il grande valore. Inoltre
conobbe nel vicino convento di San Domenico, i frati Predicatori e ne
restò conquistato per il loro stile di vita e per la loro profonda
predicazione; aveva quasi 20 anni, quando decise di entrare nel 1244
nell’Ordine Domenicano; i suoi superiori intuito il talento del giovane,
decisero di mandarlo a Parigi per completare gli studi. Nel
1252, da poco ordinato sacerdote, Tommaso d’Aquino, fu indicato dal
suo grande maestro ed estimatore s. Alberto, quale candidato alla
Cattedra di “baccalarius biblicus” all’Università di Parigi,
rispondendo così ad una richiesta del Generale dell’Ordine, Giovanni di
Wildeshauen. Tommaso
aveva appena 27 anni e si ritrovò ad insegnare a Parigi sotto il
Maestro Elia Brunet, preparandosi nel contempo al dottorato in Teologia.
Ogni Ordine
religioso aveva diritto a due cattedre, una per gli studenti della
provincia francese e l’altra per quelli di tutte le altre province
europee; Tommaso fu destinato ad essere “maestro degli stranieri”. All’Università
di Parigi, Tommaso rimase per tre anni; nel 1259 fu richiamato in
Italia dove continuò a predicare ed insegnare, prima a Napoli nel
convento culla della sua vocazione, poi ad Anagni dov’era la curia
pontificia (1259-1261), poi ad Orvieto (1261-1265), dove il papa Urbano
IV fissò la sua residenza dal 1262 al 1264. Il
pontefice si avvalse dell’opera dell’ormai famoso teologo, residente
nella stessa città umbra; Tommaso collaborò così alla compilazione della
“Catena aurea” (commento continuo ai quattro Vangeli) e sempre su
richiesta del papa, impegnato in trattative con la Chiesa Orientale,
Tommaso approfondì la sua conoscenza della teologia greca, procurandosi
le traduzioni in latino dei padri greci e quindi scrisse un trattato
“Contra errores Graecorum”, che per molti secoli esercitò un influsso
positivo nei rapporti ecumenici. Sempre
nel periodo trascorso ad Orvieto, Tommaso ebbe dal papa l’incarico di
scrivere la liturgia e gli inni della festa del Corpus Domini,
istituita l’8 settembre 1264, a seguito del miracolo eucaristico,
avvenuto nella vicina Bolsena nel 1263, quando il sacerdote boemo
Pietro da Praga, che nutriva dubbi sulla transustanziazione, vide
stillare copioso sangue, dall’ostia consacrata che aveva fra le mani,
bagnando il corporale, i lini e il pavimento. Fra
gli inni composti da Tommaso d’Aquino, dove il grande teologo profuse
tutto il suo spirito poetico e mistico, da vero cantore
dell’Eucaristia, c’è il famoso “Pange, lingua, gloriosi Corporis
mysterium”, di cui due strofe inizianti con “Tantum ergo”, si cantano
da allora ogni volta che si impartisce la benedizione col SS.
Sacramento. Tommaso
aveva goduto sempre di ottima salute e di un’eccezionale capacità di
lavoro; la sua giornata iniziava al mattino presto, si confessava a
Reginaldo, celebrava la Messa e poi la serviva al suo collaboratore; il
resto della mattinata trascorreva fra le lezioni agli studenti e
segretari e il prosieguo dei suoi studi; altrettanto faceva nelle ore
pomeridiane dopo il pranzo e la preghiera, di notte continuava a
studiare, poi prima dell’alba si recava in chiesa per pregare, avendo
l’accortezza di mettersi a letto un po’ prima della sveglia per non
farsi notare dai confratelli. Ma
il 6 dicembre 1273 gli accadde un fatto strano, mentre celebrava la
Messa, qualcosa lo colpì nel profondo del suo essere, perché da quel
giorno la sua vita cambiò ritmo e non volle più scrivere né dettare
altro. Ci furono
vari tentativi da parte di padre Reginaldo, di fargli dire o confidare
il motivo di tale svolta; solo più tardi Tommaso gli disse: “Reginaldo,
non posso, perché tutto quello che ho scritto è come paglia per me, in
confronto a ciò che ora mi è stato rivelato”, aggiungendo: “L’unica
cosa che ora desidero, è che Dio dopo aver posto fine alla mia opera di
scrittore, possa presto porre termine anche alla mia vita”. Anche
il suo fisico risentì di quanto gli era accaduto quel 6 dicembre, non
solo smise di scrivere, ma riusciva solo a pregare e a svolgere le
attività fisiche più elementari. Intanto
nel 1274, dalla Francia papa Gregorio X, ignaro delle sue condizioni
di salute, lo invitò a partecipare al Concilio di Lione, indetto per
promuovere l’unione fra Roma e l’Oriente; Tommaso volle ancora una volta
obbedire, pur essendo cosciente delle difficoltà per lui di
intraprendere un viaggio così lungo. Partì
in gennaio, accompagnato da un gruppetto di frati domenicani e da
Reginaldo, che sperava sempre in una ripresa del suo maestro; a
complicare le cose, lungo il viaggio ci fu un incidente, scendendo da
Teano, Tommaso si ferì il capo urtando contro un albero rovesciato. Giunti
presso il castello di Maenza, dove viveva la nipote Francesca, la
comitiva si fermò per qualche giorno, per permettere a Tommaso di
riprendere le forze, qui si ammalò nuovamente, perdendo anche
l’appetito; si sa che quando i frati per invogliarlo a mangiare gli
chiesero cosa desiderasse, egli rispose: “le alici”, come quelle che
aveva mangiato anni prima in Francia. Tutte
le cure furono inutili, sentendo approssimarsi la fine, Tommaso chiese
di essere portato nella vicina abbazia di Fossanova, dove i monaci
cistercensi l’accolsero con delicata ospitalità; giunto all’abbazia nel
mese di febbraio, restò ammalato per circa un mese. Prossimo
alla fine, tre giorni prima volle ricevere gli ultimi sacramenti, fece
la confessione generale a Reginaldo, e quando l’abate Teobaldo gli
portò la Comunione, attorniato dai monaci e amici dei dintorni, Tommaso
disse alcuni concetti sulla presenza reale di Gesù nell’Eucaristia,
concludendo: “Ho molto scritto ed insegnato su questo Corpo Sacratissimo
e sugli altri sacramenti, secondo la mia fede in Cristo e nella Santa
Romana Chiesa, al cui giudizio sottopongo tutta la mia dottrina”. Il mattino del 7 marzo 1274, il grande teologo morì, a soli 49 anni; aveva scritto più di 40 volumi.
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