C’era una volta una città abitata da parole in cui ciascuna viveva in casa propria con le porte chiuse ma si facevano costantemente visita o uscivano in strada e passeggiando incrociavano le altre parole e si salutavano ma con la crescita progressiva della città le parole quando uscivano in strada cominciavano ad urtarsi tra loro e urtandosi si ritiravano incollerite e tornavano a casa ma non tornavano più come erano uscite e dentro casa crescevano per effetto di una collera tardiva e ricordando sempre le altre parole incominciavano a crescere dentro le loro case e alla successiva uscita in strada erano ormai trasformate e quando incontravano di nuovo altre parole accadeva sempre la stessa cosa e ritornavano a casa e continuavano a crescere esempre in direzioni diverse e crescevano tanto da non riuscire più a chiudere le porte e nuove braccia aprivano le finestre e la collera si arrampicava sulle pareti e incominciavano a scavare il soffitto e legate al piano superiore si intrecciavano alla parola dell’altro appartamento che anch’essa incollerita raggiungeva ormai il tetto e saliva lungo l’antenna della televisione e gridava incollerita contro le parole degli altri palazzi che già si innalzavano nel cielo e l’intera città gridava e non c’era più spazio perché le parole crescessero se non avviluppate le une alle altre e lo loro grida si confondevano e le parole erano tutte irrimediabilmente unite e gridavano tutte allo stesso tempo così che in lontananza era un solo enorme grido che più in lontananza si trasformava in sussurro e ancora più in lontananza non si sentiva nulla.
-Ana Hatherly
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