Non so che piangere
Non so che piangere, piangere sempre:
oh, se potesse una volta soltanto,
una sola, apparirmi da lontano!
Santa tristezza! Durano eterni
le mie lacrime e i miei patimenti;
potessi impietrire qui sull’istante.
Lo vedo sempre soltanto soffrire,
lo vedo spirare pregando in eterno.
Oh, non si spezzi questo mio cuore,
e le mie palpebre più non si chiudano;
io questa gioia – di sciogliere in pianto
tutto me stesso – non l’ho meritata.
Perché non c’è nessuno che pianga?
Così dileguarsi dovrà il suo nome?
Forse d’un tratto il mondo è morto?
Non potrò attingere più fiducioso
dai suoi occhi l’amore e la vita?
Veramente per sempre egli è morto?
Morto, – che cosa può significare?
Oh, ditemelo dunque voi sapienti,
dite il senso che può, che deve avere.
Egli è muto, e tacciono tutti,
nessuno in terra il luogo mi rivela
dove il mio cuore potrà ritrovarlo.
Non c’è un luogo qui sulla terra
che possa ancora rendermi felice,
tutto è come un torbido sogno.
Anch’io sono spirato con lui;
e vorrei già, nel sotterraneo spazio
con lui deposto, riposare in pace.
Poiché suo padre e mio tu sei,
vieni e raccogli accanto alle sue
queste mie ossa, senza indugiare.
Sulla sua tomba, che sarà presto
verde, leggero soffierà il vento,
trasmutando l’umana sembianza.
Sarebbero cristiani, se il suo amore
conoscessero a fondo, tutti gli uomini,
dimentichi di quello che non conta;
e amando tutti soltanto quell’Uno,
con me sarebbero uniti nel pianto
fino a dissolversi in amaro dolore.
Novalis
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