O bei ciliegi delle Croci ai Salci,
acquaioli e duràcini e marchiani,
vasti sul prato delle avide falci
ed alti a veder poggi, a veder piani;
perdeste il fiore coi susini a gara
e nevicò di pieno sole a maggio?
Il ciliegiotto legò tra la chiara
foglia tremante, o vespero al tuo raggio?
Vecchi ciliegi, io vi ritrovo ancora
gli stessi e passò tempo e passò vita!
Il grappolo s'ingrossa e si colora
sotto la rama tutta rinverdita.
E il sol nasce sul poggio di Gerfalco
ogni dì prima e su la Gorgona cala.
Svola il merlotto; slanucchiato è il falco;
s'addestra la civetta a batter l'ala.
Il villano, o ciliegi, fatto accorto,
v'ha rimprunato il fusto alla forcina.
Girano strani gli uomini ed all'orto
vengano i cacciatori alla mattina.
Sprodava i botri e rimetteva i pruni
fin dall'inverno per farvi sicuri,
quel mio villano Cecchetton del Bruni,
che vi adorava per gli anni futuri.
Cecchettone del Bruni, ove or sei tu?
Ahimè, l'infida ròncola ti mozza
la cervice e trabalzi inerte giù,
sangue e povero corpo entro alla fossa!
Fatta era sera e tu forte cantavi
dal pioppo al monte dei lecci e al pianoro.
Quanta nel cuor felicità sognavi,
per la vita che t'era ombra e lavoro!
Cecchettone del Bruni, e con un lagno
di risignolo il tuo sogno si sperse.
Più alto è il pioppo, e fiorito è il vignaio,
come allor che ti accolse e ti sommerse.
Fiori novelli, agili tralci e un verde
che sempre sorge e sempre anche sorride.
O mesta ombra, contèntati! Si perde
ahi così preso il fior ch'ogni ben vide!
Se giovinezza a te fu come l'erba
nel sole, né più mai canta e s'adorna,
pur io già vado come l'uom che scerba,
mentre i ciliegi il bel maggio ritorna.
Rigoglioso nei prati e lungo ai rivi
ride nei borghi, schiude ogni finestra,
maggio; risuona dai monti sorgivi;
va per rupi con fior di ginestra.
Sui lecci brilla e intènera la fronda,
sveglia il cipresso, spiuma la vitalba.
La merla casalinga è sulla gronda
del campanile, quando spunta l' alba.
E quando il sole scavalcato ha i monti,
per ogni piaggia è un batter di frulli.
Tra i ciliegi incominciano i raccolti
fantasiosi e giuocano i fanciulli.
Oh, ma non sono io più quel ragazzotto,
primo alla corsa e primo anche al malestro;
non son io quello che sparava il botto
e che cantava indovinelli a estro?
“ Dov'è, dov'è quel ponte di Ruggeri
da monte a monte, favola d'ogni anno?
dove sono i tremila cavalieri,
che tutti assieme e a becco rosso stanno?
“ C'era un convento in bel prato, al di fuori
verde, e d'un verde tenerino, a sere;
c'era un convento di vivi colori:
stanzine rosse e monachine nere!”
“Petto su petto, come colle a colle;
ciondola quel che fa l'effetto, insonne;
lo metto asciutto e lo ricavo molle:
cosa che piace agli uomini e alle donne!”
O dolce acqua del pozzo, o freschi e grandi
Cocomeri e di buon seme diverso;
e tu ciliegio cavalier, che spandi
tanta giovane età dentro il mio verso,
indovinelli del mio tempo caro,
compagni della mia fiamma all'aurora,
_ quanto cadde di me; quest'aspro e amaro
è questo dedicar d' ora per ora!
Tutto si sperse dei miei giovani anni!
Fugge il breve incantesimo! E poi? Nulla?
Questa è la vita, che di pochi inganni,
noi tra lunghe ire odi trastulla?
Nulla è la vita e nulla è il sogno e meno
che nulla un lungo anelito al mistero.
Tu sol vivi di noi, torvo e sereno,
fuoco del nostro palpito, o pensiero.
Tu piangi gli anni; ma tu gli atri verdi;
tu senti il gelo della morte, e danzi.
Tu, come il fiore che s'aprì, non cedi:
tu solo, o fior di nostra anima, avanzi!
Emilio Agostini
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