Il
primo giugno 1310, a Parigi, veniva consegnata al rogo Margherita
Porete. La sua colpa era di aver composto e continuato a diffondere
dopo una prima censura Lo specchio delle anime semplici, un libro di
argomento mistico che personificava e faceva dialogare l’anima, la
ragione, l’amore. Margherita donna di buona cultura, scrive in
francese, la sua lingua materna, attirando la censura di un mondo
“maschio”, quello accademico e quello ecclesiastico, che si esprime in
latino. Non è però l’unica a scegliere il volgare e ad aprire nuove
strade. Sono gli stessi anni in cui Dante si fa portavoce di una cultura
laica “alta”, che nelle lingue volgari cerca espressione e
affermazione. Ma sono anche gli anni dei processi, per esempio quello
dei Templari, dell’irrigidimento delle istituzioni ecclesiastiche, del
disciplinamento delle nuove forme di religiosità e di spiritualità,
delle censure. Forse troppo perché una donna come Margherita, così colta
da scrivere con uno stile che ricorda l’amor cortese e che interpreta
le istanze di una nuova spiritualità, ma che è capace di essere
apprezzata da alcuni maestri dell’università. Margherita del resto si
misura con la tradizione e con i suoi contemporanei, proponendo un
percorso filosofico diverso e che interroga discipline e sistema dei
saperi. Il processo a cui fu sottoposta, dall’esito non scontato, fu un
evento pubblico di grande rilievo e furono consultate decine di
teologi. Margherita non si difese e non abiurò.
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